Montasio in crisi, in Friuli poco latte per il formaggio tipico

Fvg e Veneto si dividono la produzione annuale di 820 mila forme, ma c’è il nodo del conferimento

UDINE. Sulla produzione del Montasio è testa a testa tra Fvg e Veneto che si dividono a metà, punto percentuale più, punto meno, il numero di forme annue: 820 mila nel 2016 per un giro d'affari complessivo da 40 milioni di euro. Il vero gap tra le due aree di produzione sta all’origine della filiera. Mentre in Veneto il 70% del latte prodotto viene conferito nella Dop, in Fvg la percentuale precipita sotto il 20%. Tra il 14% e il 17%.

Poco, troppo poco, a maggior ragione se si considera che in regione il Montasio è l’unica Dop del comparto lattiero-caseario a differenza del Veneto che può contare su ben otto denominazioni. Con il prezzo del latte spot pagato alla stalla in questi giorni appena 34 centesimi più iva e qualità, la trasformazione sembra sempre di più l’unica strada possibile per valorizzare il latte Fvg e regalare alle stalle una chance di sopravvivenza. Ed è quanto la Regione in stretta collaborazione con il Consorzio di tutela del formaggio Montasio Dop sta cercando di fare.

Con un obiettivo: «Rilanciare il prodotto, farne percepire l’alta qualità» dice l’assessore regionale all’Agricoltura Cristiano Shaurli. Possibilmente fuori dalla zona di produzione che comprende il Fvg, le province di Belluno e Treviso e parte di quelle di Padova e Venezia.

Un’area che ancor oggi assorbe qualcosa come il 70% del Montasio, contro appena l’8% per che finisce oltreconfine e il resto in qualche alimentare specializzato del Paese. La Dop resta di fatto un’illustre sconosciuta sul mercato interno, a sentire l’ex vicepresidente del Consorzio di tutela, Ariedo Bront, anche per via di un mancato riconoscimento forte del prodotto «che va dal fresco allo stagionato fino allo stravecchio».

L’ideale – sia dal punto di vista dell’identità del formaggio che da quello economico – per Bront sarebbe venderlo tra i 60 e i 70 giorni. «Si eviterebbero così gli oneri di una lunga stagionatura». Che all’ingrosso è difficile ammortizzare.

Il Montasio al chilo viaggia tra i 4,40 e i 5,50 euro al chilo con la parte bassa della forbice che sta circa 1,20 euro sotto il pareggio dei costi di produzione con pesanti ripercussioni a ritroso lungo tutta la filiera. Fino alla stalla. L’obiettivo è dunque quello di rilanciare con forza la Dop, «attraverso una forte identificazione con il territorio e una segmentazione con i prodotti della montagna. Con questo obiettivo abbiamo sostenuto il rilancio della Dop» aggiunge l’assessore.

Finanziando il piano promozionale e di marketing che il Consorzio di tutela ha affidato all’agenzia pubblicitaria Aipem. Presentata lo scorso novembre con il claim “Momenti Montasio” la campagna è ancora al palo, in attesa che si completi l’iter burocratico relativo ai contributi pubblici. Sarà compito del nuovo Cda, appena eletto, farsene carico e spingere sulla promozione tentando di emancipare il Montasio dal Nordest e farlo conoscere in Italia e all’estero. Un passaggio necessario se si vuol tentare di farne lievitare il valore aggiunto.

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