Monte Croce Carnico e il traforo, l’Austria ora rilancia il progetto

PALUZZA. Il traforo sotto il passo di Monte Croce Carnico è uno di quei grandi progetti viari su cui per alcuni mesi o alcuni anni si accende un vivace dibattito. Poi improvvisamente il dibattito si spegne e il progetto finisce in un cassetto, per essere ripreso in considerazione qualche tempo dopo.
L’ultima “riapparizione” è di questi giorni, richiamato in vita dagli operatori economici della Gailtal. Il tunnel – dicono - consentirebbe migliori collegamenti verso il Sud, favorendo gli scambi commerciali e anche turistici con il Friuli Venezia Giulia e l’Italia, con cui gli abitanti della valle del Gail hanno da sempre eccellenti rapporti.
C’è la strada statale che scavalca il valico, è vero. Ma il versante italiano è molto ripido e la strada è tutta a tornanti. I camion fanno difficoltà a muoversi e talvolta rimangono incastrati nelle gallerie, bloccando il traffico. In caso di intense nevicate, poi, diventa intransitabile anche la meno impervia strada del versante austriaco.
Qualche anno fa ci vollero settimane prima di riaprire l’arteria. Anche per questo uno dei principali fautori del tunnel è il sindaco di Kötschach-Mauthen (il primo al di là del passo), Walter Hartlieb. «Ne beneficerebbe la nostra economia – afferma – perché si creerebbero nuovi posti di lavoro è si eviterebbe lo spopolamento della valle».
Il progetto è diventato ora un tema politico. Il Partito popolare (Övp) ha formalmente chiesto che se ne riparli, per verificarne la realizzabilità. Si è schierato in prima persona il segretario regionale del partito della Carinzia, Gabriel Obernoster. Il punto sui vantaggi e sulle criticità del progetto è stato fatto in un incontro cui ha partecipato l’assessore Gerhard Köfer, responsabile della viabilità del Land.
Al termine è stato deciso una studio, per valutare gli eventuali benefici economici che deriverebbero dall’opera per la valle del Gail. Contemporaneamente i tecnici dovranno indicare quale sia la soluzione da preferire, tra un tunnel di base, più lungo e costoso, e un altro a quota 1.000 metri (sul versante italiano il portale d’ingresso si troverebbe all’altezza della “Casetta in Canadà”).
La seconda ipotesi risparmierebbe ai veicoli le difficoltà dei tornanti per salire al passo, ma al tempo stesso non incoraggerebbe il temuto traffico di transito, come un tunnel di base.
Qualche indicazione sui costi. Per il tunnel di base (8,5 chilometri) si stimano 200 milioni. Per quello a quota 1.000 (3,5 chilometri), tra gli 80 e i 100 milioni. Comporterebbe però la costruzione di una strada di accesso sul versante austriaco, con una spesa aggiuntiva di 30 milioni.
Sono somme enormi, che – secondo l’assessore Köfer – la Carinzia non potrebbe sostenere senza l’aiuto dell’Unione europea. Köfer ha anche espresso l’intenzione di sondare i colleghi della nostra Regione, per verificare se vi sia interesse all’opera da parte italiana e disponibilità a condividerne i costi.
Netta opposizione al progetto, invece, è stata espressa dai Verdi. Secondo il loro portavoce di Hermagor, Viktor Mitsche, «la nuova discussione sul tunnel è insensata e pericolosa». L’opera, anche nella variante a 1.000 metri, richiamerebbe il traffico pesante dai porti adriatici al Centro Europa, con danni all’ambiente e nessun vantaggio.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto