Monteverde rilegge “Giulietta e Romeo”: lo scenario è il Sud

La più famosa storia d’amore arriva nel teatro Mascherini di Azzano Decimo, alle 21, a passo di danza, in una rilettura in chiave contemporanea. Il Balletto di Roma – nell’ambito della stagione dell’Ert promossa dal Comune e in collaborazione con Artisti Associati di Gorizia – porta sulla scena, in esclusiva regionale, “Giulietta e Romeo”, una delle produzioni di maggior successo della compagnia firmata dal coreografo e regista Fabrizio Monteverde. Che ha voluto invertire l’ordine del titolo – prima Giulietta e poi Romeo – e collocare la vicenda non a Verona ma in un’Italia del Sud del secondo dopoguerra e alle soglie di una rivoluzione.
«Nel titolo ribaltato – spiega lo stesso Monteverde – c’è la centralità femminile delle famiglie matriarcali del Sud, in cui ho scelto di ambientare la trama: mi sono ispirato al cinema neorealista e a quel bianco e nero che si trasforma nell’oscurità di uno stato d’animo collettivo, l’unico in cui mi sembrava possibile far germogliare un nuovo seme d’amore, simbolo di rinascita e speranza». Giulietta sarà protagonista e vittima di una ribellione giovanile e folle, in fuga da una condizione femminile imposta e suicida di un amore inammissibile. Romeo, silenziosamente appassionato e incoscientemente sognatore, sarà martire della propria fede d’amore innocente. Fra loro, le madri Capuleti e Montecchi, padrone ossessive e compiaciute di una trama resa ancor più tragica dall’intenzionalità dell’odio e dall’istigazione alla vendetta.
Monteverde è considerato uno dei migliori rappresentanti della coreografia italiana degli ultimi trent’anni; unico nel segno registico e drammaturgico, è stato autore di riletture e capovolgimenti di grandi classici della letteratura e del balletto (Otello, La Tempesta, Bolero, Il lago dei cigni), trovando nel racconto l’origine e il completamento della propria ispirazione. Fra visioni cinematografiche e nodi psicoanalitici, ha dato vita negli anni a un proprio caratteristico linguaggio coreografico, stilisticamente ed esteticamente dirompente, che continua ad attrarre nuovi sguardi ed interpretazioni.
«All’epoca della creazione – afferma ancora Monteverde – si trattava per me della prima produzione a serata intera per una compagnia di base classica; scelsi di sfidare la tragedia di Shakespeare, opera d’amore e morte, e mi confrontai con la partitura di Prokof’ev, rispettandone i toni e le sequenze narrative. Oggi torno a quella versione che composi a trent’anni, riscoprendo il senso delle mie scelte estetiche e drammaturgiche, ma rimodellandole su nuovi interpreti. Un’esperienza intensa, emotivamente e artisticamente, che coinvolge il mio passato e il mio presente».
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