Morì dopo un esame in ospedale, medici assolti

Il giudice ha escluso responsabilità in capo al cardiologo e al radiologo che ebbero in cura la codroipese Vanda Infanti
20060717 - ROMA -CRO- AVVOCATI, SENZA DIALOGO SCIOPERO SINO AL 25 LUGLIO- Una immagine di archivio, datata 30 settembre 2002, mostra alcune toghe di avvocati al Palazzo di Giustizia di Milano. ..DANIEL DAL ZENNARO/ARCHIVIO - ANSA - PAT
20060717 - ROMA -CRO- AVVOCATI, SENZA DIALOGO SCIOPERO SINO AL 25 LUGLIO- Una immagine di archivio, datata 30 settembre 2002, mostra alcune toghe di avvocati al Palazzo di Giustizia di Milano. ..DANIEL DAL ZENNARO/ARCHIVIO - ANSA - PAT

UDINE. Con il decesso della paziente Vanda Infanti, avvenuto la sera del 24 ottobre 2012 all’ospedale “Santa Maria della Misericordia”, il cardiologo Claudio Fresco, 59 anni, di Udine, e il radiologo Giovanni Brondani, 40, di Colloredo di Monte Albano, non c’entrano nulla. Nessuna «imprudenza, imperizia e negligenza», quindi, come aveva invece contestato la Procura, che aveva chiesto per entrambi la condanna a un anno di reclusione.

La sentenza di assoluzione con formula piena «perchè il fatto non sussiste» è stata pronunciata ieri dal giudice monocratico Carla Missera, al termine del processo nel quale i familiari della donna, una pensionata che abitava a Codroipo e aveva 74 anni, si erano costituiti parte civile con gli avvocati Pietro Tonchia e Barbara Buttò. Gli imputati erano difesi rispettivamente dagli avvocati Roberto Mete e Tiziana Odorico, che nel procedimento avevano nominato quali consulenti il cardiologo Aldo Maggioni (per Fresco), e il medico legale Antonello Bulfone, con il radiologo Stefano Meduri (per Brondani).

Ed era stato proprio il contraddittorio in aula con i consulenti del pm, il medico legale Antonello Cirnelli e il cardiologo Cosimo Perrone, approdati a conclusioni diametralmente opposte rispetto alla responsabilità o meno dei due medici, a convincere il giudice della necessità di nominare a propria volta una coppia di periti, nelle persone del professor Massimo Montisci, medico legale, e del cardiologo Mario Lupia, per dirimere la controversia. Per chiarire, cioè, se «i medici omisero di interpretare correttamente il quadro clinico della paziente, indicativo di una emorragia conseguente alla lesione dell’arteria femorale comune di destra (complicanza prevista, ma imprevenibile della coronarografia)».

La donna era stata ricoverata il 4 ottobre 2012 nel reparto di Medicina interna 1 e trasferita il 22 in Cardiologia. Il giorno successivo fu sottoposta a coronarografia (esame che consiste in una puntura dell’arteria femorale) e, riportata in reparto alle 12, manifestò un progressivo peggioramento, con dolori, ipotensione e calo di valori dell’emoglobina, a partire dalle 16.

La mattina dopo subentrò un’emorragia che finì per causarne la morte, nonostante l’attivazione della procedura d’urgenza. Nell’inchiesta, coordinata dal pm Letizia Puppa, erano rimasti coinvolti anche altri due medici, entrambi cardiologi intervenuti sulla paziente nel corso del pomeriggio del 23 ottobre e prosciolti già in udienza preliminare.

La difesa dell’avvocato Mete è partita proprio da qui. Nel contestare la costruzione accusatoria, specie alla luce della precedente decisione del gup nei confronti degli altri due cardiologi, il legale ha ricordato come «il dottor Fresco avesse preso servizio in ospedale mentre la paziente stava ancora eseguendo un esame prescritto dal medico del turno precedente (ecografia addominale)» e come «quando la stessa rientrò in reparto fosse completamente asintomatica. Nonostante ciò – ha insistito il legale –, furono prescritti accertamenti senz’altro compatibili con il quadro clinico».

Ne consegue che «l’evento emorragico della mattina successiva non poteva avere alcun nesso con il quadro patologico precedente». Gli stessi periti nominati dal tribunale lo avevano considerato un «evento indipendente», dichiarando «impossibile poter affermare che una diversa pianificazione sanitaria avrebbe impedito l’evento». Decisive, quindi, le perizie, come rilevato anche dall’avvocato Odorico.

«È sempre difficile e spiacevole affrontare questi processi – il commento dell’avvocato Mete –, ma a dibattimento sono stati costretti a difendersi i medici che, alla fine dei conti, hanno agito con scrupolo e assoluta diligenza. Il decesso, infatti, è avvenuto in conseguenza di circostanze afferenti a un evento improvviso e, comunque, affrontato con il giusto tempismo».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto