Morto in ospedale, due medici a giudizio

L’ipotesi è che al paziente sia stata somministrata una quantità eccessiva di morfina
Ingresso del Pronto Soccorso dell'Ospedale Santa Maria della Misericordia - Udine 28/11/2015
Ingresso del Pronto Soccorso dell'Ospedale Santa Maria della Misericordia - Udine 28/11/2015

UDINE. Entra in ospedale completamente sano, accusando un banale dolore alle braccia causato da un’ernia cervicale per il quale si era recato al Pronto soccorso, ma dal Santa Maria della Misericordia uscirà morto, una settimana dopo, probabilmente per una overdose di morfina. Così nel luglio del 2013 è deceduto a 55 anni Giuseppe Canfora, di Pozzuoli, residente a Tricesimo con la sua compagna Francesca Manzocco e i due figlioletti.

Una disgrazia a cui i familiari, disperati, non si sono mai rassegnati. La loro denuncia ha portato il caso davanti al gup del tribunale di Udine, Daniele Faleschini Barnaba, che ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio dei due medici ritenuti responsabili del decesso, Cristiana Catena e Gian Luca Colussi – difesi dagli avvocati Lucio Tirelli e Luca Francescon –, formulata dal pm Andrea Gondolo e supportata dai legali delle parenti di Canfora, avvocati Paolo Baracchino e Diletta Dallai, del foro di Firenze con l’avvocato Vincenzo Noviello, di Napoli.

Il capo di imputazione è di concorso colposo in omicidio colposo: la loro «grave imperizia, negligenza e imprudenza» e i «gravi errori» nella gestione della terapia avrebbero cagionato la morte di Canfora.

L’autopsia del consulente del pm, il medico legale Antonello Cirnelli, parla di negligenza del personale sanitario dell’ospedale di Udine dove Pino – come era chiamato dagli amici – era stato ricoverato dal 12 luglio 2013 fino alla sua morte, avvenuta il 19 luglio. L’insufficienza respiratoria sopraggiunta la mattina del giorno stesso in cui il paziente avrebbe dovuto essere dimesso, come comunicato ai familiari la sera precedente, sarebbe stata conseguente alla somministrazione in elevata quantità di oppioidi.

E pensare che i parenti di Canfora si sentivano rassicurati proprio dal fatto che si trovasse in un ospedale del Nord, in Friuli, dove viveva dagli anni ’90. Lavorava come impiegato nelle Poste, si è messo poi in proprio nel ramo dell’informatica.

A Udine, dove ha abitato diversi anni prima di andare a convivere a Tricesimo con Francesca, aveva anche fatto ricoverare suo padre per un’operazione agli occhi, sicuro che «la sanità del Nord» funzionasse meglio che a Napoli. Una morte che ha lasciato sgomente due comunità, quella di Tricesimo e quella di Pozzuoli, dove vivono la mamma e le due sorelle Vanna e Conchita.

Il processo comincerà a maggio.

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