Morto in un incidente in fabbrica a 38 anni, l’ultimo saluto a Marco: “Non è un addio, ci reincontreremo”

Tanti, tantissimi, quelli che hanno voluto salutarlo per l'ultima volta. C'era il sole, faceva caldo nella sede della Pro loco, dove il parroco, padre Tarcisio, e il suo predecessore, don Lelio Grappasonno, hanno celebrato il rito funebre

Massimo Pighin
I funerali di Marco Celant
I funerali di Marco Celant

FIUME VENETO. Il senso di appartenenza a una comunità è tale sempre, se autentico. Lo è nei momenti più belli, quelli in cui la spensieratezza fa da ideale colonna sonora; lo è nei drammi, nelle tragedie che rimangono. Lo è soprattutto nella quotidianità, nei piccoli e grandi fatti che la vita ogni giorno ci mette davanti.

Marco Celant aveva scelto di vivere pienamente nella sua comunità, di dare il suo contributo, per mettere dinnanzi ai suoi figli e agli altri bambini di Pescincanna di Fiume Veneto un domani con ancora più possibilità. Per i bimbi tratteggiava il futuro, come volontario della Pro loco e nello stesso ruolo, per gli altri, lavorava per il presente, per l'oggi. Martedì tutto si è fermato, per sempre. Chissà quante volte avrà compiuto quell'operazione col muletto, chissà cosa è successo martedì. Non in termini tecnici, ma del destino: un'esistenza spezzata a 38 anni, compiendo il proprio dovere.

Tanti, tantissimi, quelli che hanno voluto salutarlo per l'ultima volta. C'era il sole, faceva caldo nella sede della Pro loco, dove il parroco, padre Tarcisio, e il suo predecessore, don Lelio Grappasonno, hanno celebrato il rito funebre. La famiglia attonita, colpita: troppo forte. La moglie Giada incredula, sorretta da un'amica, nel volto la sofferenza. Il dolore, troppe lacrime, ciò che rimane. I loro figli, i genitori di Marco, Eva e Silvano, presidente della Pro loco, la sorella Silvia. Gli amici di sempre, quelli cresciuti con Marco e ancora parte essenziale della sua vita. La gente di Pescincanna, la sua gente: di ogni età, uniti nel dolore. Per l'ultimo ciao, arrivato troppo presto. Difficile capire perché, impossibile accettare. 

E poi le istituzioni. Il sindaco Jessica Canton, che ha proclamato il lutto cittadino, gli alpini: lo era anche Marco. Il presidente nazionale delle penne nere, Sebastiano Favero, prima dei funerali, ha voluto rendere omaggio alla salma. E a Pescincanna c’era il presidente emerito della sezione provinciale di Pordenone, Giovanni Gasparet; assieme a lui tanti gruppi, i cappelli, i gonfaloni, il dolore. Chissà a quanto avrà pensato all’omelia, padre Tarcisio. A che parole utilizzare, a come tentare di dare un senso in una tragedia che esce dalla logica per malmenare la parte più recondita di noi, quella dove riponiamo le domande più difficili. “Ci chiediamo perché – ha detto il sacerdote -, dove sia Dio, perché abbia consentito tutto questo. Il Signore non aveva voluto la morte, è stata il demonio di farla entrare nell'universo. Gesù stesso ha provato il dolore e la sofferenza della morte, attraverso di lui Dio ha dato un senso anche a essa. Quando veniamo al mondo, veniamo salutati con affetto: è il benvenuto per una vita che nasce. Quando lo lasciamo, veniamo salutati: è un arrivederci, ci rincontreremo”.


Padre Tarcisio ha quindi rivolto il pensiero ai figli di Marco. “Ora, per loro, è un angelo, come gli ha detto la mamma. Sarà accanto a loro ogni giorno, nei pensieri, nelle scelte". Scaldava il sole a Pescincanna. Quasi a voler cercare di consolare chi era lì per Marco, a dirgli che ci sarà un domani, e sarà ancora più bello di quello che il magazziniere della Anoxiddal di San Vito al Tagliamento disegnava ogni giorno, con impegno, sacrifici e amore per la sua gente. Il saluto degli amici a chiudere la cerimonia. Quelle domande che non se ne vanno: aprendo vortici nell'anima, aumentano di consistenza. Darle risposta per qualcuno non sarà possibile, portare avanti quello che Marco ha fatto, raccogliere quanto aveva seminato, è l’orizzonte della sua comunità.

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