Mostro di Udine, parla la figlia di una vittima: «Sono contenta dell’indagine, adesso mi sento meno sola»

Parla Fedra Peruch, sua mamma, Marina Lepre, venne uccisa nel febbraio del 1989: «Spero si arrivi a qualcosa, si capisca se c’era davvero un serial killer» 

MOSTRO DI UDINE, CHIESTA LA RIAPERTURA DELLE INDAGINI: CHE COSA SAPPIAMO

  • Sono 15 le donne, dodici delle quali prostitute, uccise tra il 1971 e il 1989, forse per mano della stessa persona
     
  • Federica Tosel, incaricata dai parenti di due delle vittime, Maria Luisa Bernardo e Maria Carla Bellone, ha presentato istanza di riapertura delle indagini presso la Procura di Udine
     
  • Nel corso delle riprese della docu-serie tv Il Mostro di Udine, che andrà in onda su Sky, sono stati  trovati alcuni reperti, raccolti dalle forze dell’ordine sui luoghi dei due omicidi, che non vennero mai analizzati, perché all’epoca la tecnologia forense non lo permetteva
     
  • La prima vittima, nel primo giorno d’autunno del 1971, è Irene Belletti. Marina Lepre è uccisa barbaramente sul greto del fiume Torre, tra il 25 e il 26 febbraio 1989: è l’ultima della lunga serie. Una colonna di omicidi che ha avuto solo tre condanne, ma mai un colpevole per quelli avvenuti con le modalità della Lepre.

Il caso del Mostro di Udine di nuovo alla ribalta. Una tela di Penelope che si disfa e si rifà ogni volta che si accende di un nuovo indizio. E dietro ci sono i respiri delle famiglie delle vittime e di chi non c’è più. È di venerdì, 15 marzo, la notizia della possibile riapertura del caso in generale, attraverso la visione di due fascicoli: quello di Maria Luisa Bernardo e Maria Carla Bellone, assassinate nel 1976 e nel 1980.

E vicino, silenzioso da troppo tempo, c’è quello dell’omicidio di Marina Lepre, l’ultima vittima del presunto “Mostro”, uccisa barbaramente in una fredda notte d’inverno in località San Bernardo. Era sabato 25 febbraio 1989. Ad aspettare la mamma, in quella domenica a Cividale, c’era la figlia, Fedra, insieme al nonno Attilio. Hanno suonato al campanello e la madre non ha mai risposto.



Cosa significa apprendere ora che si potrebbe arrivare a nuove piste?

«Sono contenta che abbiano ritrovato questi reperti e che i familiari abbiano accettato di farsi rappresentare dagli avvocati. Mi sento meno sola ora. Se non ci saranno novità per il mio caso, spero si faccia luce per gli altri. Attendo fiduciosa gli esiti, per capire se c’erano più assassini, e se il serial killer sia davvero esistito. Non so se ci sia davvero un Mostro. Non mi sento di condannare nessuno».

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Lei conosce il nome del sospettato principale?

«Lo conosco da tempo. È scritto sulle carte, ma non lo farò. Ha una famiglia alle spalle. Ed è morto senza processo, perché non ci sono prove a suo carico».

Ma non fa male riparlarne ogni volta? Leggere i giornali, ritornare a vivere il dolore per lei, coraggiosa combattente in cerca di verità, e che troppe volte ha visto archiviare il caso di sua madre, come impossibile a una soluzione?

«Fa male, certo. Il mio caso è stato archiviato tre volte. La prima, subito dopo l’omicidio, la seconda, dopo il dossier dell’anatomopatologo, che aveva accomunato i casi a quello di mia madre; la terza, dolorosissima, nel 2015, dopo che sul suo scialle i Ris di Parma non avevano trovato altre tracce di dna se non quello di mia mamma».

Lei è un esempio di coraggio.

«Ho continuato a combattere da sola per amore anche di mio nonno, che è mancato nel 2002 e che ha cercato sempre la verità per una figlia meravigliosa come la mia mamma che tutti amavamo».

Com’era Marina Lepre?

«Buona e debole. Troppo. Ma non mi ha mai fatto mancare nulla, non mi ha mai fatto capire quanto fosse in difficoltà. Non ho nessun ricordo negativo. I miei sono i ricordi di una bambina di nove anni, amata dalla sua mamma, e coccolata, anche se la vedevo solo la domenica. Perché ero affidata a mio padre. E quando è mancata, quella mattina, c’è stato un sesto senso. Succede. Ho fatto un disegno speciale, dedicato a lei, proprio mentre la stavo aspettando».

Perché ha deciso di parlare con Sky proprio ieri, in un’intervista che uscirà a maggio, durante la docu-serie?

«Ci ho pensato a lungo e poi ho parlato. Mi sembrava giusto che si sentisse anche la mia voce».

Siete uniti voi familiari delle vittime?

«Sono legata a Barbara Bellone, sorella di Maria Carla. L’ho conosciuta due anni fa, ci vogliamo bene». —




 

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