Mura, caserme e arte: tanti proprietari e la scure sui soldi

PALMANOVA. Vada per la spending review, che pure è diventata il cappio al collo per strozzare i consumi e ridurre la spese. E vada anche per il patto di stabilità che ha mummificato cantieri e opere pubbliche. Ma che dire quando un patrimonio che presto si auspica diventi mondiale è frammentato tra più “proprietari” con il risultato che alla fine nessuno può intervenire in modo concreto? Palmanova è anche questo: l’ennesimo tesoro architettonico sbefeggiato dal più noto ed efficiente degli italici ministeri: quello delle complicazioni.
Ieri mattina il sindaco Francesco Martines si è recato a Porta Udine per il sopralluogo di rito. Ma ovviamente no poteva essere il solo giacché il manufatto è di proprietà del Demanio civile, insiste sulla strada la cui competenza è di strade Fvg senza contare che e nulla, in una città d’arte, può essere toccato senza la presenza della Sovrintendenza. Ieri c’erano tutti.
E tutta Palmanova è così: il patrimonio appartiene un po’ al Comune, un po’ al Demanio civile e un po’ a quello militare. Accomunati non tanto da obiettivi strategici condivisi, ma dalla cronica mancanza di fondi. E così le vestigia della città stellare un po’ vengono giù, un po’ si sbriciolano e un po’ si affidano agli interventi-tampone del Comune.
A Porta Udine, comunque, i soldi si dovranno trovare. Perché il bello, anzi, il brutto di queste e di analoghe vicende come alluvioni e terremoti, è che gli euro fanno capolino nel momento dell’emergenza e non della prevenzione. Eppure si risparmierebbe. Ma va così, in Italia. Detto con le parole di Martines: «Ma lei immagina una città come Palmanova in un Paese del Nord Europa lasciata in balia di se stessa, della vetustà e dell’incuria delle istituzioni»? Domanda retorica che fa un allargare le braccia per evitare reazioni ben più cattive. «Insomma - insiste il sindaco – o ci si decide a dire che abbiamo un bene da valorizzare anche dal punto di vista turistico, oppure accettiamo passivamente di rimanere in perenne emergenza e in balia della fortuna».
Davvero difficile trovare una via d’uscita. Se si decidesse infatti che tutto il patrimonio di Palmanova passasse nelle sole mani del Comune significherebbe imboccare una via giuridico-amministrativa tortuosissima e dall’arrivo tutt’altro che scontato. «Sì, sdemanializzare sarebbe un calvario. Il vero problema – tuona fuori dai denti Martines - è che non c’è lo Stato». Impegnato com’è, verrebbe da aggiungere, più a spremere gli enti periferici che a garantire loro risorse. E ignaro che il turismo anche culturale si fa investendo denaro e non puntellando vestigia.
Così Palmanova - e poco consola che sia in Italia in ottima compagnia – vive questo suo tesoro architettonico tra un’emergenza e un’altra. In questo modo rimane desolantemente soltanto quello che potrebbe e che dovrebbe ambire di essere: una città-risorsa per tutta la Regione. E invece... «Invece - aggiunge inclemente Martines - Palmanova è come una famiglia aristocratica che ha ereditato tanti palazzi senza però i soldi per garantirne una vita dignitosa e così anno dopo anno quei palazzi si sgretolano come biscotti secchi». Emergenza continua, si diceva.
La scorsa estate è venuto giù un cornicione della caserma Ederle che l’amministrazione comunale ha tentato di alienare indicendo un bando per individuare un privato disposto a investirci. E così, in attesa di quel Godot, ha dovuto garantire la ristrutturazione del cornicione. E.... zacchete, via altri 20 mila euro da un bilancio già poverello.
Barbara Pessina fa l’architetto. Nel 2009 ha avuto l’incarico dal Genio civile di effettuare il rilievo e la mappatura del degrado della prima cinta muraria. Successivamente, l’amministrazione comunale le ha conferito l’incarico della stesura delle linee guida per gli interventi nella medesima, prima cinta muraria lunga 4 chilometri e con un’altezza media di 10 metri. Il Comune ha onorato l’incarico professionale. Ma ora servirebbero 20 milioni di euro per i lavori. E poi ci sarebbero le altre due cinte murarie. Ad maiora...
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