Musa ed ex compagna di Tozzi: la parabola di Serafina Scialò, trovata morta in casa a Udine

UDINE. È arrivato lunedì sera il nulla osta della Procura alla sepoltura di Serafina Scialò, l’ex compagna del cantante Umberto Tozzi trovata morta venerdì pomeriggio, all’età di 63 anni, nel suo appartamento di via Percoto.
A rinvenirne il corpo senza vita erano stati i carabinieri, allertati da una segnalazione dei colleghi dell’educandato Uccellis, dove la donna lavorava come collaboratrice scolastica e da dove mancava dal rientro dalle festività, il 7 gennaio scorso.
Indicata in cause naturali l’origine del decesso – risalente a qualche giorno prima – ed esclusa quindi l’ipotesi che a determinarlo possano essere stati eventi esterni, il pm Andrea Gondolo ha dunque ritenuto il caso chiuso e firmato il via libera alla restituzione della salma alla famiglia. Dall’unione con Tozzi, nel 1983, era nato Nicola Armando, che pure abita in città. La data dei funerali sarà fissata nelle prossime ore.
Il cantante Umberto Tozzi conobbe la giovane Serafina Scialò – originaria della provincia di Catanzaro – in uno dei periodi più belli della sua lunga e brillante carriera musicale, dopo il grandissimo successo, per esempio, di canzoni indimenticabili come “Gloria”, “Stella Stai” e “Ti amo”.
Lei cantò anche con Umberto Tozzi nella canzone intitolata “Tre buone ragioni”. Prima di prendere servizio all’educandato Uccellis, Serafina Scialò aveva lavorato anche in altre scuole della nostra regione, per esempio al Bachmann di Tarvisio.
Il noto giornalista e critico musicale Mario Luzzatto Fegiz, sul Corriere della Sera, ricorda che l’amore fra Serafina Scialò e Umberto Tozzi era sbocciato negli anni 70. «I due – scrive Fegiz – si erano sposati nel’79 e cinque anni dopo era nato il figlio Nicola Armando. Fu lei la musa ispiratrice dei primi grandi successi dell’artista: Donna amante mia, Tu, Gloria, Amo, Stella Stai. Ma come fu grande amore così fu drammatica la separazione del 1984».
Il giornalista, sempre sul sito del Corriere, scrive anche che la Scialò, che viveva a Udine in via Dormisch, si rifiutò di far incontrare padre e figlio come stabilito in sede di giudizio.
«Tozzi e il suo avvocato Maretta Scocca documentarono decine di viaggi a vuoto a Udine compiuti dal cantante suffragati da esposti e ricorsi. Tozzi confidava agli amici che la sua ex moglie aveva fatto una specie di lavaggio del cervello al figlio con una sistematica opera di demolizione della figura paterna. Si racconta – scrive ancora Luzzatto Fegiz – che molto prima della separazione la Scialò si fece rilasciare un assegno in bianco per pagare un fornitore. In realtà lo pagò in contanti e trattenne l’assegno. Tempo dopo, quando i rapporti erano degenerati in guerra aperta, anche sull’affido del figlio, la Scialò mandò all’incasso l’assegno svuotando il conto di oltre 200 milioni di lire».
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