Musica di Cristicchi nel "Magazzino 18"

Dopo tre anni di successi, si chiude al Verdi di Pordenone la lunga esperienza dello spettacolo ormai simbolo di quel “luogo della memoria” che si trova nel Porto Vecchio di Trieste, dove vennero raccolti gli effetti personali degli esuli istriani, fiumani, giuliani e dalmati del secondo dopoguerra

PORDENONE. Dopo tre anni di successi, si chiude al Verdi di Pordenone, oggi, domenica, con inizio alle 20.45, la lunga esperienza di Magazzino 18, lo spettacolo ormai simbolo di una storia poco raccontata del nostro recente passato, scritto da Simone Cristicchi con Jan Bernas e diretto da Antonio Calenda.

Nell’esecuzione pordenonese, annunciata come l’ultima di una tournée lunga, come detto, tre anni, un ruolo importante sarà giocato dalla Mitteleuropa Orchestra diretta da Valter Sivilotti che eseguirà le musiche e le canzoni di Simone Cristicchi dal vivo.

Com’è noto, il titolo dello spettacolo richiama a un “luogo della memoria” che si trova nel Porto Vecchio di Trieste, dove vennero raccolti gli effetti personali degli esuli istriani, fiumani, giuliani e dalmati del secondo dopoguerra.

La narrazione ripercorre una pagina dolorosissima della storia d’Italia, una vicenda complessa e mai abbastanza conosciuta del nostro Novecento testimoniata anche da tanti piccoli, umili ricordi che appartengono alla quotidianità.

Una sedia ad esempio, accatastata assieme a molte altre, porta un nome, una sigla, un numero e la scritta “Servizio Esodo”. Oggetti comuni che accompagnano lo scorrere di tante vite: uno scorrere improvvisamente interrotto dalle Foibe e dall’Esodo.

Non è un caso, infatti che lo spettacolo sia organizzato dalla sezione pordenonese dell’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, all’interno delle iniziative per il Giorno del Ricordo, con il sostegno dell’amministrazione provinciale di Pordenone.

È altrettanto noto che con il trattato di pace del 1947 l’Italia perdette vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e quasi 350 mila persone scelsero di lasciare le loro terre natali destinate ad essere jugoslave e proseguire la loro esistenza in Italia.

Davanti a loro difficoltà, povertà, insicurezza, e spesso sospetto. Una diaspora che rivive drammaticamente, oltre che nel ricordo di chi l’ha vissuta, anche nella realtà della cronaca attuale.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto