Nata in Romania e vive a Sacile, suo nonno era di Caneva "ma l'Italia non mi vuole"

Dal 1995 vive a Sacile, ma la cittadinanza non arriva: Carina Cesa Sava, presidente della comunità di 400 romeni ha radici familiari a Caneva, ma per lo Stato è un’immigrata. Una “straniera” con i nonni paterni italiani. Ora vuole scrivere al Presidente Mattarella

SACILE. Dal 1995 vive a Sacile, ma la cittadinanza non arriva: Carina Cesa Sava, presidente della comunità di 400 romeni ha radici familiari a Caneva, ma per lo Stato è un’immigrata. Una “straniera” con i nonni paterni italiani.

«Non ho la cittadinanza italiana nonostante viva e lavori da 23 anni a Sacile – racconta Carina –. Mio nonno paterno si chiamava Cesa: è nato a Caneva nel 1891 e dopo la prima Guerra mondiale si trasferì in Romania. La nonna paterna era una Moro di Bannia di Fiume Veneto». Non basta.



La storia. «Nel 1998 ho inoltrato la prima domanda ci cittadinanza, presentando la documentazione – continua Sava –. Niente da fare: mi hanno risposto che non ho un reddito continuativo e questo avrebbe potuto gravare sul bilancio dello Stato». La presidente dell’associazione romena “George Enescu” a Sacile è docente a contratto: dall’università alle superiori. «I nonni sono partiti per la Romania in cerca di lavoro: il nonno lavorava nel settore dell’edilizia – ricorda la docente –. La nonna si chiamava Italia Margherita e nel 1927 è nato mio padre vicino a Iasi, una città romena».

La storia della famiglia cambia dopo il secondo conflitto mondiale. «Nel 1952 i comunisti emanarono una legge contro gli stranieri – riassume Carina –. L’aut aut era chiaro: rinunciate alla vostra cittadinanza d’origine per naturalizzarvi romeni, oppure andatevene. Mio padre Ferruccio non aveva altra possibilità: da laureando in medicina ha rinunciato alla cittadinanza italiana». Gli stranieri in Romania erano definiti di “non sana origine”: in odor di capitalismo. «Nel 1976 mi è stato negato un viaggio in Italia con borsa di studio.

Da insegnante a Galati, sul Danubio, ho chiesto di raggiungere l’Italia per motivi di aggiornamento professionale: permesso bloccato». Il crollo del Muro di Berlino ha rimescolato politica, economia e destini. «Abbiamo deciso di venire in Italia negli anni Novanta perché eravamo stanti di rivoluzioni e abbiamo tanti parenti – ricorda Carina –. Ma per lo Stato italiano non ho diritti che attestino il rilascio del certificato di cittadinanza. Ho scritto al presidente della Repubblica per raccontare la mia storia».

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A Sacile. Al voto tanti romeni il 4 marzo e il 29 aprile per le elezioni politiche nazionali, regionali e amministrative a Sacile. «Mi corteggiano per aderire a una lista che si presenterà alle elezioni comunali il 29 aprile – ha detto Sava –. Non ho preso decisioni e credo nella cittadinanza europea, a questo punto». Il centrodestra nelle elezioni comunali 2014 aveva schierato Silviu Voineagu nella lista “Ceraolo sindaco-civica per Sacile». I romeni sono circa 400 in città, ma al voto era andata una percentuale minima di “comunitari”, come li chiamano all’anagrafe e non tutti romeni: 28 per le europee e 23 nelle comunali nel 2014. Dopo quattro anni i numeri sono in aumento.

«È importante creare una rappresentanza in Comune – ha valutato Sava – della nostra comunità romena». A livello nazionale per allargare il più possibile la base di consenso, nel 2014 era stato formalizzato un accordo tra la forza politica di Silvio Berlusconi e il Partito dei romeni d’Italia.

A Sacile i romeni sono invisibili fra gli italiani: danno il loro contributo, pagano le tasse e gli affitti, fanno dei lavori spesso umili e tanti sforzi per integrarsi. Sono quasi 400 tra 2. 144 stranieri in città. Nel 2014 non hanno ottenuto un rappresentante in consiglio comunale: sarà l’occasione decisiva il 29 aprile?

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