’Ndrangheta, i carabinieri scoprono gli affari del clan Piromalli in Friuli

I reparti speciali dei Ros hanno sequestrato in tutta Italia beni per 40 milioni di euro riferiti alla cosca. In Friuli gli affari concentrati in due negozi all’interno del centro commerciale di Pradamano

UDINE. Il potente clan Piromalli gestiva attività di import-export con gli Usa, grazie alla presenza di referenti in alcune città americane, ma aveva una presenza stabile anche in Friuli, in Veneto e a Milano, grazie alla presenza di uno dei rampolli della famiglia capace di proiettare gli affari della cosca nel “business” del commercio.

È un esempio classico di ’ndrangheta imprenditrice quello messo in luce dall’operazione del Ros dei Carabinieri che ha portato in carcere 33 persone accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio ed altri reati, aggravati dalle finalità mafiose.

L’operazione ha comportanto anche l’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 40 milioni di euro. Il clan gestisce cocaina, ma anche filoni d’affari apparentemente legali,come la commercializzazioni di prodotti alimentari.

In particolare nel campo immobiliare sono stati individuati i prestanome del patrimonio occulto della cosca ed è stata verificata la disponibilità in capo all’imprenditore Alessandro Pronestì e a Antonio Pironalli di numerose società di abbigliamento, collegate ai marchi francesi “Jennyfer” e “Celio”, con punti vendita in alcuni centri commerciali delle province di Udine (a Pradamano in particolare) e Milano.

In particolare i due negozi la cui proprietà è riconducibile alle cosche si trovano all’interno del Pradamano Shopping center della catena Bennet.

Secondo gli inquirenti la gestione dei due negozi di Pradamano era intestata a una società fittizzia di cui è titolare un prestanome, in realtà la vera proprietà è di Alessandro Pronestì e Antonio Pironalli.

L’accusa per tutti è di riciclaggio.

La mafia al nord. La mafia è un fenomeno liquido, che non è possibile racchiuderlo in un solo contenitore o dentro i confini dei focolai meridionali. Anche nel Friuli-Venezia Giulia si sono spinti gli interessi della mafia siciliana. Il numero dei beni confiscati negli ultimi due anni ha registrato un aumento del 121%: si è passati da 19 confische a fine 2013 a 43 a dicembre del 2015. Le cifre non sono altissime ma, secondo il giornalista dell'Espresso Lirio Abbate, "in Friuli Venezia Giulia ci sono insediamenti di imprese e aziende che sarebbero riconducibili a personaggi legati alla mafia siciliana". L'analisi del giornalista è confermata dalla confisca di 81 beni immobili, 4 società, un autoveicolo e un’imbarcazione appartenute a Camillo, Massimiliano e Roberto Graziano, imprenditori friulani legati alle cosche Madonia e Galatolo, componenti dell’ala stragista di Cosa nostra.

Ecco la mappa dei beni confiscati realizzata da Confiscati Bene (dati dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati)

 

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