Nel campo sportivo diventato tendopoli cento anni di storie e di orgoglio sportivo
la storia
alessandra ceschia
Quando la terra cominciò a tremare la sera del 6 maggio 1976 mietendo vittime a Gemona non risparmiò nemmeno i ricordi. Fotografie, lettere e documenti furono sommersi da pietre e polvere. Quella sera, la prima squadra della Gemonese calcio era riunita a casa del dirigente Ernesto Cargnelutti al terzo piano di una palazzina che si sbriciolò. «L’intera casa si sedette su se stessa precipitando dal terzo piano. Tutti gli ospiti si salvarono miracolosamente, compreso il sottoscritto» è il ricordo di Leonardo Cum, già dirigente della società che, in questi giorni, sta festeggiando i cento anni della fondazione. Un secolo punteggiato da momenti di crescita e di aggregazione, che erano entrati in ogni casa con le fotografie del campionato, le coppe e i trofei inghiottiti dalle macerie in 57 secondi di terrore.
la ricerca
A riavvolgere il filo dei ricordi nei mesi scorsi, passando in rassegna uno per uno gli archivi familiari sopravvissuti alla furia del sisma, sono stati i dirigenti della Gemonese calcio per festeggiare un secolo di storia. «Tutti si sono mobilitati per dare il proprio contributo – conferma il presidente Pino Pretto – abbiamo raccolto oltre un migliaio di foto, alcune delle quali documentano la nascita della società. Una parte del materiale è confluita nell’allestimento della mostra dedicata ai 100 anni di calcio gemonese, ma ogni singolo documento è stato digitalizzato per formare l’archivio della società».
La mostra, aperta fino al 13 ottobre a palazzo Elti, conta anche sull’apporto dei “collezionisti di memorie” del Circolo filatelico numismatico gemonese presieduto da Luciano Vale. Le sale della più bella residenza gemonese edificata dalla famiglia de’ Cramis nel XIV – XV secolo dove soggiornò anche l’imperatore Federico III, è in questi giorni un andirivieni di visitatori, giovani e meno giovani che si ritrovano a commentare lo storico passato.
le origini
Le cronache cittadine narrano che la prima Gemonese, fondata nel 1919, giocasse nelle vicinanze della stazione dei treni. Una nuova sistemazione arrivò quando alcune persone di buona volontà misero mano al portafogli: erano Enrico Giuseppe e Umberto Pittini, Giuseppe de Carli, Ermes Disetti e Guido Fantoni, ma era solo uno spiazzo pietroso. Per arrivare al primo campo di calcio bisognava aspettare il 1926 quando, grazie a una donazione, il Comune acquisì un terreno sul quale nel 1927 prese forma lo stadio di calcio che fu intitolato all’ammiraglio Diego Simonetti. Nel 1931 arrivarono i lavori di ampliamento. Erano anni difficili e a scendere in campo era la squadra dei fasci giovanili, la Gil. Tant’è che all’inizio della Guerra il campo sportivo Simonetti fu addirittura utilizzato dalla milizia dell’artiglieria contraerea come postazione e fu smontata solo nella primavera del 1942. Furono anni in cui i gemonesi affrontavano epiche trasferte a bordo del motocarro messo a disposizione dal signor Cairoli.
la tendopoli
Fra i 400 morti che il terremoto provocò a Gemona c’erano anche calciatori, allenatori e dirigenti. «In un paese ridotto in macerie, al Simonetti nacque una tendopoli che ospitò le famiglie rimaste senza casa» racconta Pretto.
«Fummo invitati dalla Federazione alle Officine di Buttrio per vedere se continuare il campionato – è il ricordo di Leonardo Cum –. Decidemmo di andare avanti e, alla fine, fummo promossi in prima categoria. Con il campionato successivo fummo costretti a giocare le partite interne in quel di Lignano mentre gli allenamenti si tenevano al campo Goi, peraltro occupato dalle tende. Fu una grande prova di attaccamento e di volontà di andare avanti da parte di tutti e di questo sono orgoglioso».
L’APPARTENENZA
Dei successi calcistici agguantati dalla società, le cronache sportive hanno dato conto, a dare risalto al profondo solco creato nella comunità, invece, è stata la vasta partecipazione alla mostra e l’affetto di quanti hanno contribuito a fornire il materiale, fra i quali Franco Tuti, Luciano Vale, Mario Bovolini, Paolo Dosi, Adriano Seculin e Dino Cum, solo per citare alcuni. Un senso di appartenenza che si coglie anche nei numeri della società: una sessantina di persone fra dirigenti e allenatori, oltre 150 atleti e una tifoseria giallorossa che abbraccia tutta la comunità. —
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