Nella casa degli specchi di un misterioso luna park
Ecco il primo dei tre racconti segnalati dal Premio Scerbanenco@Lignano Due ragazzi si riparano dalla pioggia entrando in un edificio abbandonato...

Correvano. Tenevano le loro cartelle sopra la testa tentando di non inzupparsi troppo i vestiti a causa della pioggia scrosciante, che era apparsa all’improvviso, così come le nuvole grigie, imponenti, che sopra di loro creavano un’atmosfera cupa. I due fratelli correvano verso la foresta, nel tentativo di trovare un riparo sotto gli alberi maestosi, che creavano con le loro foglie una sorta di tetto, impedendo, in parte, alla pioggia di filtrare.
Si fermarono, col fiatone, e si appoggiarono ad un albero.
«Siamo troppo lontani per tornare a casa con questa pioggia»
«Peggio del diluvio universale»
I due si guardarono a vicenda, e non poterono fare a meno di scoppiare a ridere: entrambi erano bagnati dalla testa ai piedi, vevano i capelli arruffati e i vestiti malconci.
Erano compagni inseparabili. Erano due gemelli, di quindici anni precisamente. Cresciuti insieme, condiviso le stesse avventure, sì davvero erano compagni da sempre. Uno non poteva fare a meno dell’altro, fratelli e migliori amici: una coppia, o meglio, una squadra invincibile. Erano conosciuti in tutta la scuola come dei ragazzi modello, perfetti, popolari, belli, simpatici... Insomma, erano oggetto di invidie da parte di molti compagni. I due, Ricky e Nicky, provenivano da una famiglia piuttosto benestante, anch’essa perfetta (almeno all’apparenza. . . ): due genitori inseparabili, una sorella impeccabile, loro due, e... no, la realtà era diversa da come appariva. La loro famiglia non era del tutto perfetta. I genitori nascondevano da sempre un segreto, e nessuno dei figli ne era a conoscenza. D’altronde, era successo molto tempo prima.
Nicky era fradicio – d’altronde come il fratello – e cominciava ad avere freddo. Il vento gelido penetrava e giungeva fin dentro la pelle, percorreva le ossa e tutto il corpo.
Si dovevano dare una mossa, trovare un riparo, una casa nella quale poter riscaldarsi. Non riuscivano a vedere nulla, a causa della pioggia incessante. Quindi decisero di camminare, tra gli alberi. La boscaglia sorta alla periferia della città non era molto grande, non si potevano perdere.
Camminavano, uno a fianco dell’altro, infreddoliti e stanchi, finché non scorsero qualcosa tra gli alberi, in lontananza. Erano... delle giostre. Un vecchio luna-park. Ma scorsero, tra le varie attrazioni, una casupola. Accelerarono il passo, e poi cominciarono a correre col desiderio di raggiungere il riparo il prima possibile.
Un tempo era una casa signorile, certo, ma ora era fatiscente. Sembrava abbandonata da anni...
Ma i fratelli avevano troppo freddo. E così decisero di entrare. La porta non era chiusa a chiave, e i due la aprirono senza perdere tempo. Entrarono, e chiusero la porta alle loro spalle per non fare entrare la pioggia.
L’interno dell’abitazione non sembrava essere messo male quanto l’esterno. Era anzi, piuttosto curato, sembrava addirittura che la casa fosse abitata. I mobili non erano ricoperti da polvere, ed inoltre, c’era qualcosa che i due non avevano notato fin da subito: il fuoco del caminetto che si trovava nella stanza principale ardeva come se fosse stato acceso da poco.
Ricky e Nicky decisero di esplorare la casa, che era piuttosto grande. I due si fecero coraggio, e curiosi, si avventurarono nelle innumerevoli stanze della casa. Ad un certo punto, Ricky si accorse che era solo. Nicky non era dietro di lui.
Sentì un urlo agghiacciante, quello del fratello, e poi un altro ancora e con il cuore in gola si precipitò verso il luogo da cui sembravano provenire le richieste d’aiuto. Si trovò di fronte ad una botola. Era accaduta la cosa più ovvia: il fratello aveva scorto la botola, ma, quando aveva tentato di scendere, la scaletta in legno che lo portava di sotto s’era spezzata, e lui, cadendo, si era fatto male alla caviglia. Sì era andata così. Non c’era nulla da temere– In un attimo avrebbe soccorso il fratello e fatto uscire da quel luogo. Erano una squadra, no?
Ricky decise di scendere con un salto, per soccorrere il fratello, e si fece luce con l’accendino che portava sempre con sè. Quando si ritrovò di sotto, assieme al fratello, si accorse che la stanza era interamente ricoperta da specchi. Essi erano di tutte le dimensioni, lunghi, larghi, piccoli, stretti, enormi. E alcuni distorcevano la loro immagine.
I due fratelli erano sorpresi. Nicky fu il primo a parlare:
«Si vede che questa era la casa degli specchi... poi hanno tolto gli specchi e li hanno messi tutti qui, nello scantinato»
Ricky non potè fare altro che dargli ragione. Si erano ormai tranquillizzati, quando la fiamma dell’accendino cominciò a diventare più flebile, e scorsero un’ombra.
Poi in tutti gli specchi comparve una figura. Inizialmente piccola, come se fosse stata in lontananza. Poi cominciò ad avanzare verso di loro, diventando sempre più grande. I fratelli erano impietriti: non sapevano dove andare, tutti gli specchi riflettevano sempre e solo lo stesso soggetto. Un uomo, del quale però non si vedeva il volto. Improvvisamente, i tratti del viso dello strano individuo si fecero nitidi.
E poi, i due non videro più nulla.
Il giorno dopo la polizia trovò i corpi dei ragazzi nel bosco. Essi non presentavano segni di ferite o altro, ma i loro volti erano stati orribilmente deturpati: erano stati cavati loro gli occhi.
Chi poteva aver commesso un simile crimine? E perché?
La polizia stava indagando, cercando di raccogliere più indizi possibili. I genitori chiamarono anche il miglior investigatore della città, il signor Wartboorg.
Ma tutti gli sforzi si rivelarono inutili. Non c’era alcun indizio: nessuna impronta, nessun oggetto, nulla di nulla. Nessun sostettato, nessun movente, nell’arco di vari giorni non si era ancora scoperto nulla.
Tutto si risolse la seguente settimana. Infatti l’assassino dei gemelli andò a trovare i loro genitori. E questi ultimi furono assaliti dal terrore nello scoprire che l’assassino era proprio il loro segreto: o meglio, loro figlio. Era entrato di soppiatto, dalla porta sul retro e li sorprese mentre stavano cenando, insieme alla loro figlia.
Vi starete chiedendo: quale figlio? Ebbene sì: essi avevano avuto un altro iglio, tanti anni prima che nascessero i due gemelli e la sorella. Ma questo figlio, purtroppo, era nato con una grave disabilità: era cieco. Per i giovanissimi genitori, questo era un problema troppo grande da affrontare, non avevano né mezzi economici né aiuti familiari, ed è per questo che l’avevano portato all’orfanotrofio, e lì l’avevano lasciato. Ma questo era accaduto tanto tempo prima.
L’assassino, di fronte ai suoi veri genitori, confessò di avere ucciso i gemelli per vendetta: era troppo grande il male che gli avevano arrecato avendolo abbandonato. Voleva farli soffrire così come aveva sofferto lui. Disse che pianificava ciò da molto tempo. Aveva scoperto la sua storia perché il padre adottivo, sul punto di morire gli aveva rivelato tutto: che era stato abbandonato, che i suoi genitori l’avevano fatto in quanto cieco. Impazzito dal dolore, era scappato e si era rifugiato nel vecchio luna-park. Aveva aspettato per lungo tempo il momento adatto per agire, e l’occasione propizia si era presentata non appena i gemelli, che lui sorvegliava da tempo, erano entrati nella sua casa.
Cavando loro gli occhi, aveva messo la sua firma. Ed ora aveva in pugno i suoi veri genitori e la sorella. Brandì un grosso coltello da macellaio e i tre malcapitati non videro altro che rosso e nero.
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