Nella piscina di Pordenone si rischiava di finire folgorati
L’impianto chiuso dal sindaco Bolzonello: filtrava acqua vicino ai quadri elettrici. La società di gestione ammette le proprie responsabilità e annuncia lavori rapidi

UDINE.
Da ieri la piscina comunale di viale Treviso è chiusa. Lo ha deciso il sindaco con un’ordinanza nella quale intima alla società che gestisce l’impianto, la Gis di Castelfranco Veneto, di eseguire una serie di opere urgenti. Molte le carenze denunciate nell’ordinanza: salvavita che non funzionano, infiltrazioni d’acqua dal tetto che rischiano di finire sugli impianti elettrici, con rischio folgoramento, parapetti che mancano, bagni privi delle uscite di sicurezza. Una situazione non più tollerabile, secondo il Comune, dopo i sopralluoghi compiuti nelle settimane scorse.
L’elenco di carenze nell’impianto intitolato all’ex vice sindaco di Pordenone, Daniele Del Bianco, è lungo e circostanziato. In primo luogo è stato accertato che «24 interruttori differenziali salvavita, tra i quali quelli dei gruppi phon, delle luci di emergenza, degli spogliatoi e dei bagni uomini e donne risultano non funzionanti con il conseguente rischio di folgorazione delle persone».
Nel sopralluogo del 12 novembre, inoltre, si è accertato che non sono stati attuati «interventi riparatori volti a impedire le infiltrazioni dal tetto di acqua piovana, segnalati il 19, 25 e 26 ottobre». Perdite, denuncia l’ordinanza, che potrebbero finire «sugli impianti elettrici con il rischio di corto circuiti e anche in questo caso di folgorazione dei frequentatori della piscina».
I sopralluoghi compiuti, inoltre, hanno evidenziato che «il controsoffitto in legno è danneggiato in più punti» con l’acqua piovana che provoca il degrado del pavimento. «Il dilavamento delle sostanze impregnanti del tetto – si legge nell’ordinanza – finisce nelle vasche con possibili rischi per gli utenti sotto il profilo igienico-sanitario». Una condizione aggravata dal fatto che «le infiltrazioni hanno provocato il distaccamento delle lamine lignee interne. Alcune lamelle sono penzolanti col rischio elevato di caduta nelle vasche e pericolo per l’incolumità delle persone». Le transennature mobili presenti tra le due piscine, secondo i tecnici, sono insufficienti dal punto di vista della sicurezza. Da qui l’obbligo di installare il parapetto fisso anticaduta.
L’elenco prosegue con le luci di emergenza del piano vasche che non funzionano, mentre non sono presenti in corrispondenza dei vani tecnici in cui sono collocati i quadri elettrici. «I bagni uomini – prosegue l’ordinanza – sono privi di uscite di sicurezza funzionanti: l’unica attiva è chiusa tramite catenaccio, impedendo quindi lo sfollamento in caso di emergenza». Infine la segnaletica di sicurezza «scarsa e non conforme alle prescrizioni di legge».
L’allegata relazione dell’architetto Tiziano Del Mestre, responsabile del servizio di prevenzione e protezione del patricomio comunale, individua «una generale trascuratezza e degrado dell’immobile, attribuibile all’inadempienza degli obblighi contrattuali» anche per effetto della mancata ottemperanza a una serie di prescrizioni che sono state segnalate un anno fa. In questo quadro si inseriscono piastrelle scalfite, perdite d’acqua negli scantinati e, in generale, «un cattivo stato manutentivo sia interno che esterno. Risulta evidente la necessità di eseguire una sistemazione generale dell’area esterna».
Da qui, per l’appunto, l’ordinanza, della quale il sindaco ha dato comunicazione nel consiglio comunale dell’altra sera. Con l’atto si ordina alla Gis di interdire l’utilizzo dell’inmpianto e di provvedere all’esecuzione delle opere richieste. Ieri la piscina era chiusa. Un cartello informava di lavori di manutenzione in corso e alcune segretarie assicuravano che l’attività sarebbe ripresa al più presto. Resta il fatto che il braccio di ferro tra Gis e Comune potrebbe avere conseguenze ancora più pesanti.
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