Nessuna violenza di gruppo, assoluzione bis
UDINE. Lo aveva stabilito il tribunale collegiale di Udine e lo ha confermato la Corte d’appello di Trieste: il 22 agosto del 2008, Sebastiano Santoro, di Udine, e l’amico ghanese Appiah Nana Ofosu, entrambi di 27 anni, non si resero protagonisti di una violenza sessuale di gruppo aggravata ai danni di una ragazza che, all’epoca, aveva 17 anni.
Se rapporto vi fu, nella pizzeria dei genitori di Santoro in cui gli amici si trasferirono all’uscita dalla discoteca, insomma, le cose avvennero senza forzature, nè intimidazioni.
A riaprire il caso, dopo la doppia assoluzione pronunciata nel dicembre del 2013, era stata la Procura generale di Trieste, impugnando la sentenza davanti ai giudici dell’Appello, per sollecitarne la riforma e capovolgere l’epilogo della vicenda.
Ieri la conclusione, ancora una volta favorevole alla tesi difensiva, ma a fronte di una richiesta di condanna a una pena ancora più pesante di quella calcolata due anni fa dal pm che aveva condotto l’inchiesta (e che per Ofosu aveva proposto l’assoluzione): sei anni e mezzo di reclusione l’uno.
Secondo il procuratore generale, il gruppetto, formato anche da due minorenni - di cui uno condannato in abbreviato dal gup del tribunale dei minori di Trieste e l’altro ammesso all’istituto speciale previsto dal rito minorile della messa alla prova -, aveva approfittato dello stato di minorazione psicofisica in cui la ragazza si sarebbe trovata quella notte per l’assunzione di una quantità eccessiva di alcol.
L’indomani mattina, la giovane si era recata in Questura con la madre per sporgere denuncia, ma poi, nel corso del dibattimento, aveva ritrattato la propria versione, negando di avere subìto violenza.
La Corte, presieduta dal giudice Igor Maria Rifiorati (a latere Morelli e Ciriotto), ha ritenuto non convincente la tesi accusatoria e, ascoltate le arringhe dei difensori, avvocati Giovanni Stellato (per Santoro) e Roberto Braida (per Ofosu), che hanno isistito sul fatto che la ragazza fosse stata consenziente, accettando di seguirli in pizzeria e poi di avere rapporti sessuali, ha confermato l’assoluzione con la formula «perchè il fatto non sussiste» emessa dai colleghi di Udine (presidente Carla Missera, a latere Fraioli e Alcaro).
«Siamo molto soddisfatti – hanno commentato i legali –. Per quanto la vicenda si collochi in un contesto di degrado e al di là del fatto che questo possa sollevare censure morali, la Corte era chiamata a valutare la sussistenza del reato. Ora attendiamo di leggere le motivazioni».
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