No al convegno sulle foibe: esposto contro il Comune
PORDENONE. Negare la sala comunale per una conferenza («contenuti non rientranti tra quelli ritenuti culturalmente validi») applicando una sorta di “censura preventiva” costituisce ipotesi di reato, nello specifico abuso d’ufficio? È quanto intendono sapere PnRebel e Nea Osservatorio antifascista del nordest annunciando un esposto alla magistratura. “Sfrattati” dalla biblioteca civica, i due movimenti hanno trovato casa al ridotto del teatro Verdi per la conferenza sul Giorno del ricordo che l’assessorato alla cultura del Comune aveva definito «negazionista e offensiva».
La tavola rotonda è confermata. Non nella sala Teresina Degan della biblioteca civica, ma al ridotto del teatro Verdi, per il cui affitto sono stati versati 250 euro, importo superiore rispetto a quello necessario per ottenere la prima sala. Gli organizzatori respingono l’accusa di essere negazionisti: «Negazionista è chi nega, non chi ricerca la verità». Facile immaginare a chi sia rivolta questa affermazione.
Il caso era scoppiato una decina di giorni fa quando l’assessore alla cultura Pietro Tropeano aveva negato la sala della biblioteca per una conferenza sul Giorno del ricordo, nella data in cui cade, il 10 febbraio, a PnRebel. «I contenuti di questa conferenza non rientrano tra quelli ritenuti culturalmente validi da parte di questa amministrazione comunale. L’impronta negazionista di una simile tragedia è certamente antistorica e offende gran parte della popolazione della Venezia Giulia e della Dalmazia, colpita dai massacri delle foibe», era stata la motivazione.
Il testo della 92/04 recita che «la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale Giorno del ricordo per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Qual è, dunque, la complessa vicenda del confine orientale?
«L’iniziativa organizzata in una saletta dedicata ad una antifascista e partigiana pordenonese serviva proprio a contribuire a capire questa “complessità”, non tanto storica, quanto legata alla “narrazione” pubblica e mediatica di questi ultimi decenni e di come questa sia stata spesso strumentalizzata.
Non c’è alcuna negazione né delle foibe né dell’esodo – rimarcano gli organizzatori –. Un ricercatore parla della sua tesi di laurea che, attraverso una serie di correzioni, integrazioni e rielaborazioni, ha dato vita al libro “Fenomenologia di un martirologio mediatico. Le foibe nella rappresentazione pubblica dagli anni Novanta a oggi”. Non è neppure immaginare – proseguono – dare del negazionista a un figlio di esule istriano che da anni cerca di fare luce su quanto successo in quel “confine orientale”».
Si può essere d’accordo o meno con le analisi, «ma c’è qualcosa che è davvero irricevibile: censurare chi lavora nel fare luce su queste terribili vicende». Per gli organizzatori Tropeano ha applicato una sorta di “censura preventiva”: «Un atto di negazione ideologico e pregiudiziale che ci ricorda tanto, a pochi giorni dal “giorno della memoria”, quegli atti d’intolleranza politica di un regime come quello fascista nei confronti degli avversari politici, degli ebrei e dei “diversi” del tempo».
Il Comune «ha creato un precedente gravissimo, mai verificatosi in città, secondo cui tutto ciò che non rientra tra i contenuti ritenuti culturalmente validi saranno negati». Per PnRebel e Nea si tratta di un «vero e proprio abuso d’ufficio» che verrà rappresentato alla Procura con un esposto.
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