«No al metodo Stamina» Niente cure a un’udinese
UDINE. La chiameremo Sabrina, nome d’invenzione, per una storia vera. Sabrina è una giovane donna udinese affetta da leucodistrofia metacromatica, una rara malattia degenerativa che può portare alla progressiva paralisi e alla cecità. Non esiste una cura ufficiale per il suo male. E Sabrina non potrà ricorrere nemmeno al cosiddetto “metodo Stamina”.
A stabilirlo, con un’ordinanza depositata lo scorso 19 luglio, è stato il giudice del lavoro del tribunale di Udine. Sabrina non sarà tra quei quasi 200 malati che, fino ad oggi, si sono rivolti al più grande ospedale pubblico di Brescia (gli Spedali Civili) nella speranza di trovare una risposta alle loro malattie rare. Bambini, giovani e adulti che, accompagnati dai familiari, hanno riposto fiducia nella “terapia” ideata da Davide Vannoni, la “primula rossa” della battaglia per le staminali nonché il presidente della Stamina Foundation.
La storia di Sabrina comincia lo scorso 8 aprile, quando il padre, in qualità di tutore legale, ricorre al giudice del lavoro affiché la figlia sia sottoposta al trattamento degli Spedali Civili di Brescia, facendo leva sulla legge sulle “cure compassionevoli”.
«E’ in costante pericolo di vita e un ospedale pubblico ha già trattato la medesima patologia con risultati molto soddisfacenti su una bambina», dice il padre negli atti depositati. Il riferimento è, probabilmente, alla piccola S., la bimba di tre anni il cui caso è stato reso noto dalla trasmissione televisiva “Le Iene”. Il giudice, il 10 aprile, approva un decreto “inaudita altera parte”: senza contraddittorio, vista l’urgenza del caso, ordina agli Spedali Civili di Brescia di «provvedere alla somministrazione della terapia» con il “metodo” Stamina. Ma convoca un’udienza per il 6 maggio per la comparizione delle parti e l’eventuale conferma del provvedimento.
Parte “resistente” contro il decreto che dà il via alle cure è la stessa Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia. Successivamente il dottor Carlo Alberto Beltrami, direttore dell’istituto di Anatomia patologica del Policlinico universitario di Udine, viene nominato come consulente medico legale. Gli avvocati difensori degli interessi di Sabrina e di suo padre chiedono una sostituzione del consulente nominato. Solo a inizio luglio, grazie a un post su Facebook, si capirà il perché: Davide Vannoni scrive che Beltrami è «pregiudizialmente contro» il suo metodo.
Lo scontro è tra due professori dell’Università: uno, Beltrami, ha una cattedra da ordinario ed è un medico che si occupa da anni di ricerca sulle staminali. L’altro, Vannoni, è un docente associato, laureato in semiotica applicata che nell’ultimo anno accademico ha insegnato Ergonomia cognitiva. L’8 luglio il giudice si oppone alla richiesta della difesa di sostituzione del consulente e procede con la revoca del decreto dell’8 aprile. In pratica, Sabrina è esclusa dal “metodo” Stamina.
«Il diritto alla salute non si traduce nella pretesa erogazione da parte del servizio sanitario di qualsiasi terapia richiesta», si legge nell’ordinanza depositata il 19 luglio. Di più: «Tale diritto si deve realizzare attraverso cure la cui validità ed efficacia sia testata da organismi tecnico scientifici». Dalla relazione del dottor Beltrami, citata nella stessa ordinanza, risulta che: «non si può ancora dare una risposta certa sul valore della terapia Stamina per questa patologia né esistono prove cliniche o sperimentali che testimoniano il loro effetto». La mancanza di evidenza scientifica è messa in luce anche dal Tar della Lombardia che ha espresso il suo scetticismo sull’unica pubblicazione esistente («tre pagine a firma di Marino Andolina in una rivista edita in Corea»).
Recentemente anche Nature, la prestigiosa rivista internazionale ha chiesto di bloccare la sperimentazione in Italia col “metodo” Stamina. E il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha sottolineato che le terapie del professore Vannoni «non sono cure». Ma la storia di Sabrina, come tante altre in tutta Italia, è destinata a far discutere. Da un lato chi crede al metodo inventato dal presidente della Stamina Foundation, dall’altro chi nega la scientificità dello stesso. In mezzo loro, i malati e i loro familiari. In una continua altalena di speranze e illusioni.
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