No del gip a Di Bernardo: può influenzare le indagini
CIVIDALE DEL FRIULI. Le attività d’indagine in corso, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Udine sui vertici della Banca popolare di Cividale per una serie di ipotesi di estorsione ai danni dell’immobiliarista Gianni Moro e del commercialista Franco Pirelli Marti, impongono massima riservatezza. Impossibile quindi, in questo momento, disporre la liberazione o, quantomeno, l’obbligo di firma o di dimora per Luciano Di Bernardo, l’ex direttore generale dell’istituto di credito, ristretto da una settimana ai domiciliari, su richiesta di misura cautelare del pm. Questa, in estrema sintesi, la ragione per la quale il gip di Udine, Francesco Florit, ha rigettato l’istanza di revoca presentata dal difensore, avvocato Luca Ponti, al termine dell’interrogatorio di garanzia di giovedì.
Ritenendo ancora sussistente il rischio di inquinamento probatorio, il giudice ha quindi ribadito l’esigenza cautelare che lo aveva portato a disporre nei confronti di Di Bernardo - il solo dei tre iniziali indagati raggiunto da misura cautelare - gli arresti domiciliari con divieto di comunicazione. «Si è dimesso dalla carica di dg - aveva scritto il gip nell’ordinanza - ma questo non indebolisce le sue possibilità di influire su testi o altre fonti di prova. Egli non ha più nulla da perdere». Fintantochè gli inquirenti continueranno a sentire testi e raccogliere documenti, insomma, l’unica tutela alla segretezza degli atti sarà data dai domiciliari.
«Di Bernardo per anni è stato al centro di un sistema che ha confuso l’interesse della Banca di Cividale con il suo interesse privato e imprenditoriale - si legge ancora nell’ordinanza -. Le sue condotte arrivano fino al 2008 ed è solo nel 2010 che abbandona la partecipazione societaria in Fingepart». Ed era stato proprio questo, in tesi accusatoria, a incastrarlo: il mandato fiduciario firmato nel 2006 alla Deltaerre srl per l’amministrazione fiduciaria dell’81% di Fingepart, società di cui - secondo il pm - l’ex manager sarebbe stato amministratore di fatto e socio.
«Di Bernardo non ha mai negato di avere l’intestazione fiduciaria - ha detto l’avvocato Ponti, che lo difende con il collega Pasquale Pantano, di Milano -, ma si trattò di un’ingenuità. Ciò che contestiamo è di avervi mai avuto un ruolo gestorio». L’attenzione, ora, si sposta verso Trieste. «Ci rivolgeremo al Riesame - annuncia Ponti -, affinchè si esprima sulla sussistenza dei presupposti del reato di estorsione. In caso di modifica dell’ipotesi, potrebbe venir meno anche la legittimità della misura».
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