«Noi che lavoriamo in prima linea contro il coronavirus non siamo eroi, sotto la tuta da astronauta soffriamo»

PORDENONE. È tutto così strano, surreale. Ma partiamo dall’inizio. Era un pomeriggio di metà marzo, una giornata tranquilla, ero in ferie verso tardo pomeriggio squilla il telefono. Era la mia caposala mi chiedeva la disponibilità ad andare a lavorare nel reparto Covid in quanto infermiera esperta di pneumologia in pazienti in ventilazione meccanica non invasiva. Non ho avuto dubbi la mia risposta è stata immediata, sono a disposizione.
E da lì la mia vita è cambiata, un mese di incertezze ma in primis la preoccupazione per i miei figli. Passavano i giorni e la chiamata non arrivava. Poi all’improvviso in tarda serata arriva la notizia della necessità di creare una subintensiva pneumologica. In un pomeriggio i miei colleghi si adoperano con un’organizzazione impeccabile, devo dirlo e creano le stanze, preparano materiale carrelli e tutto quello che può servire.
In poche ore era tutto pronto e da un giorno all’altro ci siamo trovati nelle sale operatorie dove è stato allestito questo reparto per i pazienti positivi ventilati.
Io ho iniziato la prima mattina; tutto era già pronto, ancora non so come abbiano fatto. Ho la fortuna di lavorare con un gruppo di colleghi infermieri e oss, veramente professionali ed umanamente impeccabili. E di questo possiamo solo ringraziare chi ha creato negli anni questa grande squadra.
Ricordo i primi giorni avevamo paura non lo nego, tutti, ma ci siamo fatti forza l’uno con l’altro. Non posso che ringraziare la nostra Capo Sala sempre presente che non ci ha fatto mancare nulla che ci ha supportato. I colleghi della sala operatoria che ci hanno dato una grossa mano. Il mio essere infermiera si è completamente rivoluzionato, procedure protocolli modo di lavorare cambiato. Non chiamateci eroi, siamo professionisti non eroi. Facciamo quello che abbiamo sempre fatto. Curiamo, ci prendiamo cura di chi sta male.
È stata un esperienza di vita. Non mi scorderò mai gli occhi dei pazienti che mi guardano, che cercano aiuto che vedono questo astronauta che li sostiene. Mai. Ho avuto le mie difficoltà come tutti. Sotto quella tuta si suda si suda dannatamente, con la mascherina gli occhiali la visiera non sei riconoscibile sei un astronauta ma dentro soffri.
Il secondo giorno ho avuto una crisi, forse un attacco di panico, non so ad un certo punto caldo, cuore a mille e difficoltà a respirare. Mi sono seduta e mi son detta “Hai tre persone davanti a te che hanno bisogno di te, sei sola, hanno solo che te, calmati!”. Ho visto persone peggiorare, ho visto persone migliorare, ho visto persone morire. Tutto questo nella completa solitudine. C’eravamo solo noi e loro. Ho visto colleghi uscire stremati, con i segni sul volto e la stanchezza sugli occhi. Mi sono ritrovata a consolare un paziente non italiano, che non aveva notizie di sua moglie da non so quanto tempo, piangeva come un bambino, io seppur con la difficoltà linguistica, ho provato a tranquillizzarlo, gli ho asciugato le lacrime...
Non è stato facile, non lo è soprattutto quando vedi che non rispondono alle terapie, non lo è quando ti chiamano i parenti per avere notizie; non lo è nell’incertezza di questo virus ancora sconosciuto.
È per questo che mi arrabbio quando vedo le persone che faticano a rimanere a casa... Quando sento parlare con leggerezza di no vax in un momento del genere.
Sia chiaro, la libertà di opinione e di pensiero c’è ed è giusto che ci sia, ma in un momento storico come lo è quello attuale trovo veramente inopportuno discutere su questo.
Le persone muoiono, muoiono da sole. Pensiamo al futuro, a come ripartire, alla comunità, a come aiutare chi è in difficoltà e lasciamo che il mondo medico e scientifico facciano il loro lavoro.
Cosa mi ha dato la spinta per andare avanti? I miei figli... Finito il turno resettavo tutto... Nonostante la paura non vedevo l’ora di rivederli... Loro mi danno la carica giusta... Non ho potuto affidarli a nessuno.
Vivo nella preghiera. A casa indosso la mascherina… Ormai ci hanno fatto l’abitudine se non la metto mi sgridano! —
*Assessore all’Istruzione ad Aviano, infermiera reparto Pneumologia dell'ospedale di Pordenone
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