«Noi malati di afasia, senza un riferimento»

L’appello dell’associazione che chiede di valorizzare e potenziare il Centro di fonetica
Di Alessandra Ceschia

Isolati dal mondo. Non possono parlare, scrivere, leggere e, spesso, perfino camminare diventa problematico. Per i malati di afasia il percorso di recupero è difficile, i riferimenti sono pochi, e ora, rischiano di essere ulteriormente ridimensionati.

L’allarme arriva dall’Associazione afasici che accoglie una novantina di malati. «Ci occupiamo di ascolto alle famiglie – spiega la presidente dell’associazione – e troppo spesso dobbiamo prendere atto del disagio dei pazienti che, dopo il ricovero per la fase acuta prima in ospedale poi al Gervasutta, si ritrovano privi di qualsiasi riferimento e di informazioni e non sanno a chi rivolgersi. Chi riesce a contattare la nostra associazione ha modo di sapere che esiste la possibilità di continuare il percorso di cura, oltre la fase acuta al Centro di audiologia e fonetica. Chi invece non riesce ad accedere resta a casa, cerca di provvedere privatamente, pagando il fisioterapista o il logopedista quando può e quando non può, pregiudica la completa riabilitazione».

I malati di afasia generalmente arrivano all’ospedale dopo un ictus, un tumore o un’emorragia cerebrale, di norma arrivano ai reparti di neurologia o neurochirurgia, alle mediche o alla neurologia. Dopo un passaggio alla stroke unit non sempre vengono sottoposti a una visita dal logopedista, quindi passano all’Rsa o alla riabilitazione intensiva precoce all’interno dell’ospedale. In altri casi vengono indirizzati al Gervasutta, ma si tratta di un percorso che non dura più di un trimestre o un semestre al massimo. Poi vengono dimessi e, per gran parte di loro viene a mancare un riferimento. A portare la propria testimonianza è Giordano Renato Rinaldi che ha sperimentato il percorso di cura con un familiare. «Per i pazienti cronici è fondamentale proseguire un percorso terapeutico oltre la fase acuta, i margini di miglioramento sono notevoli. Mia moglie è stata colpita da questo problema nel novembre 2010, a distanza di anni legge il giornale, scrive, comincia a parlare a grazie all’attività del Centro di fonetica ha avuto ampi margini di miglioramento nei test di comprensione. Eppure ora – osserva –, con la riforma sanitaria sembra che il servizio sia destinato a essere accorpato in un unico centro al Gervasutta con il rischio che venga a mancare una struttura fondamentale per i pazienti».

Il riferimento va al Centro di fonetica diretto dal dottor Piemonte, dove l’attività di una logopedista è dedicata unicamente al trattamento dei pazienti afasici. I logopedisti però mancano sul territorio e nelle strutture protette e, come se non bastasse, molti pazienti afasici non trasportabili difficilmente possono accedere al trattamento logopedistico o fisioterapico dopo la fase acuta. Ciò pregiudica la riabilitazione a due o tre anni dall’evento, quando i margini di recupero sono ancora ampi. Da qui l’appello dell’associazione.(a.c.)

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