Non ci fu abuso di professione, legali assolti

La Corte d’appello ribalta la sentenza di condanna per la responsabile del Movimento Difesa Cittadino e la sua collaboratrice



«S’impone l’assoluzione di entrambe le imputate, emergendo con evidenza dagli atti». I giudici della Corte d’appello di Trieste, questa volta, lo hanno dovuto e voluto precisare, per spiegare la scelta di rinunciare alla ben diversa formula che pure avrebbe consentito loro di capovolgere la sentenza di condanna inflitta in primo grado, ma «per intervenuta prescrizione dei reati». Il caso è quello di Dalila Loiacono, 41 anni, di Roma, avvocato con studio nella capitale e incarico di responsabile del dipartimento fisco e finanza del Movimento Difesa del Cittadino, e di Nadia Contini, 53, sua collaboratrice, cancellata dall’Albo il 17 dicembre 2010, residente in Borgo Lalatta (Parma).

Nel maggio del 2016, il tribunale di Udine le aveva condannate rispettivamente a 4 mesi e 15 giorni e a 6 mesi e 15 giorni di reclusione (con sospensione condizionale e non menzione alla prima), giudicandole colpevoli di concorso in sostituzione di persona e abusivo esercizio della professione, in relazione alle consulenze rese a tre famiglie friulane rimaste vittima della truffa a suo tempo perpetrata dall’imprenditore Diego Bidoli. «Il fatto non sussiste», ha scritto il presidente ed estensore della sentenza d’appello, Manila Salvà (a latere, i colleghi Donatella Solinas e Mimma Grisafi), accogliendo le tesi sostenute dai difensori, gli avvocati Marco Zanotti e Irma Conti (per Loiacono) e Oliviero Mazza (per Contini). Nel riformare il verdetto del giudice di Udine, il collegio ha inoltre revocato le statuizioni civili che erano state riconosciute alle due famiglie costituitesi in giudizio per il risarcimento dei danni.

Erano stati alcuni acquirenti degli appartamenti del condominio “Le Magnolie”, colpiti da procedura di pignoramento della banca a seguito della crisi in cui era finita l’impresa di Bidoli, a rivolgersi nel 2011 al Mdc del Fvg. La sede regionale li aveva indirizzati all’avvocato Loiacono, ma a presentarsi al suo posto era stata la collaboratrice. «In realtà, nessun falso nome è stato speso dalla Contini – scrive il giudice Salvà –. Quanto alla falsa attribuzione del titolo di avvocato, nonostante l’intervenuta cancellazione all’Albo degli avvocati, questo non fa venire meno il titolo in sé, ma impedisce solo l’esercizio della professione». Rispetto all’ipotesi dell’esercizio abusivo della professione, il collegio triestino ha valorizzato quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale e cioè che la Contini si limitò a «prendere contatto con i clienti a Udine, su incarico della Loiacono, che in quel momento era in ferie, per ritirare la documentazione necessaria per la predisposizione dei ricorsi, poi svolti effettivamente solo da quest’ultima». Confermata, infine, l’insussistenza della truffa, a sua volta contestata dalla Procura, ma per la quale erano già state assolte entrambe in primo grado. —

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