Non pagò gli alimenti: Bachini risarcirà le figlie

Per l’ex calciatore dell’Udinese squalificato a vita anche 3 mesi di reclusione. Il giudice ha calcolato il danno in 91 mila euro e respinto la tesi dell’indigenza

UDINE. Aveva smesso di versare l’assegno di mantenimento alla moglie e alle loro tre bambine dall’ottobre del 2010. Nei tre anni precedenti, invece, lo aveva fatto a singhiozzo e nella misura che aveva stabilito di volta in volta di propria iniziativa. Ora, di tutti quei soldi, l’ex calciatore dell’Udinese Jonathan Bachini, 38 anni, di Livorno, dovrà fare un mucchietto e consegnarlo alle sue tre figlie: 81 mila euro di risarcimento in tutto, più altri 10 mila come danno morale.

Nemmeno un centesimo, invece, all’ex moglie, trattandosi di coppia separata e non già, come richiederebbe il codice, divorziata. È stato il giudice monocratico del tribunale di Udine, Matteo Carlisi, a mettere la parola fine alla vicenda giudiziaria piombiata addosso all’ex centrocampista bianconero che la Figc, nel 2005, squalificò a vita per recidiva alla cocaina.

Partito dalla medesima contestazione, il processo è approdato a due diverse conclusioni: da una parte, per quel che riguarda la mancata corresponsione dell’assegno mensile alle ragazze, il giudice lo ha condannato a 3 mesi di reclusione e 300 euro di multa, con concessione delle attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena subordinato, però, all’adempimento delle obbligazioni a favore della parte civile; dall’altra, in relazione alle stesse lagnanze avanzate dalla ex, ha pronunciato sentenza di assoluzione «perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato».

Il vpo Alessandra Cadalt aveva chiesto a sua volta, e senza distinguo, la condanna a 3 mesi di reclusione. Il difensore, avvocato Giulia Azzarello, aveva sollecitato invece l’assoluzione «perchè il fatto non costituisce reato» o il minimo della pena, rimarcando in particolare l’attuale stato di difficoltà economica di Bachini, dopo essere stato inibito dall’unica professione che, a suo dire, sarebbe capace di svolgere: quella di calciatore, appunto.

Ed è stato proprio questo, anzi, uno dei punti che hanno convinto il giudice della penale responsabilità dell’ex bianconero. «È vero che dal 2006 percepisce redditi irrisori - si legge nelle motivazioni -, ma è altresì vero che sino a quella data aveva ricevuto redditi stratosferici, propri di un calciatore di alto livello. Ritenere che di quel patrimonio nulla oggi sia rimasto non è credibile. Ma, anche se fosse - continua -, non potrebbe parlarsi di incolpevole stato di indigenza, da un lato perchè le sventure professionali nelle quali è caduto sono a lui imputabili e, dall’altro, perchè è un uomo di 38 anni, sano e in forze, dal che pare inverosimile che non sia riuscito a trovare un’alternativa lavorativa».

Quando si sposò, nel 1996, Bachini indossava la maglia dell’Udinese. Le stagioni ’97-’98 e ’98-’99 gli valsero la convocazione in Nazionale e, a seguire, il passaggio a Juventus, Parma, Brescia e Siena. È lo stesso giudice a ripercorrere le tappe della sua carriera.

«Risulta che gli ingaggi fossero tutti considerevoli - scrive Carlisi -: 300 mila euro con il Siena, ma prima, con la Juventus e il Brescia, si parlava di 1 miliardo di vecchie lire annui». Poi, la débâcle, con la squalifica inflittagli per recidiva nella positività alla cocaina riscontrata nei test antidoping dopo Brescia-Lazio (2004) e Lazio-Siena (2005).

Era stata la moglie, nel 2007, a chiedere la separazione. La sentenza del tribunale di Udine arrivò il 10 febbraio 2011: le figlie avrebbero continuato a stare con la madre e lui a versar loro 1500 euro al mese, oltre ai 500 euro (contro i precedenti 1500) dovuti alla ex. All’epoca, stando agli accertamenti effettuati all’anagrafe tributaria, Bachini non navigava ormai più nell’oro: dagli 808.284 euro dichiarati nel 2004, i 133.175 del 2005 e i 202.144 del 2006, era crollato ai 4.291 euro del 2007, i 7.066 del 2008, i 3.657 del 2009 e i 2.300 del 2010.

«Gli ultimi dati disponibili - annota il giudice - hanno evidenziato che nel 2011 ha svolto un lavoro part time per poco più di un mese e per uno stipendio di 285 euro. Nè risulta possedere beni immobili e auto di pregio». A pagarne le conseguenze erano state anche la moglie e le loro tre figlie. «Le ristrettezze economiche - ha evidenziato il legale di parte civile, avvocato Paolo Persello - le aveva costrette a chiedere aiuto ai parenti per pagare affitto e bollette, andare a scuola e finanche per fare la spesa».

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