Novecento d’arte: dialogo tra Celiberti e Maurensig
CIVIDALE. Ultimo degli incontri con l’autore promosso dagli Amîs di Cividat nell’ambito della mostra Capolavori nascosti visitabile fino a domenica in palazzo de Nordis a Cividale. Dove domani, alle 17.30, è in programma l’incontro tra l’artista Giorgio Celiberti e lo scrittore Paolo Maurensig: un confronto sul viaggio di formazione che connotò il percorso creativo del maestro udinese.
Attratto fin da bambino dal mondo dell’arte, Celiberti poté contare sul sostegno dello zio Modotto, che vide nel nipote un talento innato, e, a Venezia, su quello di Emilio Vedova. Lunghi e proficui furono i soggiorni Roma, ospite nello studio dello zio in quella villa Strohl-Fern, nel parco di Villa Borghese, frequentata da critici, collezionisiti e da tutti gli artisti che allora, fra gli anni 50 e 60, riempivano una capitale fervente di cultura e benessere. Collezionato dai Gualino, dai Gattinoni, amico di Guttuso, di Carlo Levi, di Italo Calvino, Celiberti alle sue personali accoglieva personalità quali Lionello Venturi e Palma Bucarelli.
Prima di Roma c’era stata Parigi. lì in un clima irripetibile di vivacità intellettuale – fra Montparnasse, Saint-Germain e il Quartiere Latino – conobbe quel Gino Severini firmatario nel 1910 del Manifesto del futurismo, e tenne lo studio a pochi passi da quello di Massimo Campigli: «Certi quartieri vivevano letteralmente d’arte. Era un flusso inarrestabile, uno scambio estremamente vivo e stimolante...».
Il 1948 fu un anno cruciale: Celiberti era il più giovane artista a partecipare alla Biennale di Venezia, quella storica in cui per la prima volta appaiono i Picasso e gli americani della Peggy Guggenheim Collection. «Allora io frequentavo gli artisti del Fronte Nuovo delle Arti, vale a dire: Vedova, Santomaso, Pizzinato, Turcato, Birolli, Guttuso... Fu lo stesso Vedova a comunicarmi che la mia opera era stata accettata. Era la Biennale della pittura, l’odore dei colori ad olio dei tanti quadri esposti mi trasmetteva una sensazione unica».
Da allora in poi furono anni di viaggi intensi, che arricchirono l’artista di un codice segnico e di un bagaglio di immagini che lo avrebbero accompagnato e lo accompagnano tuttora nel suo lavoro quotidiano: il Messico, gli Stati Uniti, l’Europa e le sue grandi capitali con tutto il fermento di vita, arte e cultura che potevano offrire. E nel 1965 l’incontro con qualcosa di profondamente diverso che apre all’artista le “finestre dell’anima”: Terezin, a 60 chilometri da Praga, Lager nazista dove 15.000 bambini ebrei riempirono di piccoli segni i muri all’interno dei quali trovarono la morte...
Risale a una notte di san Giovanni di una decina d’anni fa l’incontro con lo scrittore Paolo Maurensig, che al contrario di Celiberti si definisce “pessimo viaggiatore”. L’autore La variante di Lünenburg, alla dodicesima edizione per Adelphi, e di Canone inverso (Mondadori, 1996), da cui è stata tratta una versione cinematografica diretta da Ricky Tognazzi, viaggerà idealmente con Celiberti, a Cividale, attraverso spostamenti geografici ed esperienze che appartengono del Novecento italiano.
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