Novelli scrive alla Kyenge: «Ministro non mi rappresenta»

Il consigliere regionale del Pdl all’esponente del governo: «Con le sue azioni politiche sta esagerando»

Per quanto poco possa valere voglio dirlo: ministro Kyenge, io non la riconosco nel ruolo che ricopre. Non la riconosco, perché sono convinto che sarà un danno per questa Italia e per gli italiani. Non la riconosco, perché è ideologica e dietro quell’aria mite e accondiscendente, si nasconde un disegno preciso che non va a favore degli italiani. Non la riconosco, non perché è di colore, bensì per le azioni politiche che sta portando avanti (e chi vorrà tacciarmi di razzismo lo faccia pure, non mi interessa, perché certamente razzista non sono).

Lei ministro sta esagerando e, paradossalmente, è diventata la povera vittima di questi retrivi e involuti cittadini che non capiscono, a causa della loro sub cultura, che questo Paese è di tutti, e soprattutto è di chi ha culture, visioni e idee diverse da quelle che la storia ha faticosamente e parzialmente reso omogenee nella nostra Italia.

L’Italia è un Paese con una storia millenaria, è una delle culle della civiltà, come la Grecia, la Cina, l’India, i Paesi Mediorientali. Una cultura e un bagaglio di tradizioni che il suo popolo porta con sé e che non vengono soltanto insegnati a scuola, ma fanno parte del modo di vivere quotidiano della gente. Ecco perché ministro faccio fatica a pensare che una vera e propria integrazione degli immigrati possa avvenire, così, tout court, dall’oggi al domani, senza prima aver fatto un percorso di crescita e di esperienza sul territorio nazionale.

È su questi presupposti che si dovrebbe discutere sull’acquisizione della cittadinanza, e non basarla solo sulla presenza in una determinata area geografica. Così facendo si potrebbe anche evitare di creare quelle spiacevoli distinzioni tra cittadini ed immigrati che spesso portano a misunderstanding e che, oggi in un periodo di profonda crisi economica, vengono sentiti più che mai. Facciamo qualche esempio.

Dal 4 settembre anche chi non ha la cittadinanza italiana potrà lavorare nella pubblica amministrazione. Bene. Brava. Ricordo, però, che questo provvedimento non è stato approvato, perché lo ha voluto lei, bensì in quanto lo prevede una legge europea del 2013 che lo scorso 20 agosto è stata pubblicata sulla nostra Gazzetta Ufficiale.

Cara ministra, fosse stato, infatti, per lei, avrebbe voluto anche una quota di posti di lavoro nella pubblica amministrazione garantiti per gli immigrati e anche, ma potrebbe ancora riuscirci, dare le seconde case degli italiani a rom e clandestini.

Non è una questione di razzismo, ma, chiedo: le sembra il momento storico più opportuno per aprire i concorsi pubblici a stranieri extracomunitar. i? E poi mi consenta un po’ di sana demagogia tipica di noi uomini e donne del centrodestra, ma lei si rende conto che una buona parte dei cittadini del suo Paese ha le scatole piene di sentirsi messo in secondo piano e anche di percepire che questa presunta politically correct riduce i propri diritti?

Ha provato ministro a farsi un giro nelle piazze, sugli autobus, per strada e sondare ciò che dice la gente, quali sono i problemi che le stanno più cuore? Se non l’ha fatto, glielo dico io: non ci sono posti in asili nido pubblici, negli alloggi di edilizia sovvenzionata, non ci sono fondi per l’assistenza. E sa perché? Perché gli immigrati hanno sempre requisiti più idonei a superare la nostra gente nelle graduatorie, anche se magari sono disoccupati, con affitti o mutui da pagare, e magari con persone a carico.

Dimenticavo, sempre dal 4 settembre chi ha il permesso di soggiorno, ha a carico almeno tre figli ed è a basso reddito, avrà diritto all’assegno Inps per le famiglie numerose, finora riservato agli italiani e ai cittadini europei. Ma che sarà mai, tanto le casse dell’Istituto di previdenza straboccano di denaro...

Mi consenta anche un accenno al proliferare di moschee nel nostro Paese. Metto subito in chiaro che, come sancisce la nostra Costituzione agli articoli 8 e 19, non voglio assolutamente mettere in discussione la libertà religiosa di ogni singola persona. Andrebbero, però, evitati gli estremismi che vanno anche a incidere sulla storia e sulla cultura cristiana del nostro Paese. Mi riferisco a chi vorrebbe togliere i crocifissi dalle scuole o dagli enti pubblici, a chi vorrebbe venire legalmente in Italia con più mogli, a chi è abituato a ledere costantemente i diritti delle donne, a chi, insomma, non rispetta i nostri usi e costumi.

Caro ministro, La invito a riflettere su questa sorta di discriminazione al contrario che sta ormai avvenendo nel nostro Paese e, le dico sinceramente, molti italiani non ne possono veramente più. Forse sarebbe il caso di iniziare ad invertire la rotta.

*consigliere regionale Pdl FVG

 

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