Nudi nei boschi, è il raduno hippie

Da furgoni sgangherati, stipati all’inverosimile per fronteggiare le necessità di una vita più che ruspante, spuntano teste dalle zazzere pittoresche. Sui sedili delle auto in sosta lungo la strada, scia lunghissima, signorine a seno nudo sono sdraiate in relax. Gente di tutte le età, abbigliamento bohemien e zainoni in spalla, cammina su e giù, lasciando o dirigendosi al Welcome point, un grande drappo arcobaleno che introduce alla tendopoli della Rainbow family.
Istantanee dal raduno hippie europeo in scena nella sperdutissima località di Melina, in Comune di Stregna, in bilico sulla Slovenia. Il fiume Judrio fa da confine: ed è lungo il corso d’acqua, in una conca verdissima (e umidissima), che il popolo dell’anticonformismo si è raccolto per immergersi – per tre settimane, alla fine ne mancano ancora due – nella natura. I partecipanti sono migliaia. Sono arrivati sette giorni fa, dall’Austria, e ci resteranno altri 14, chi a oltranza e chi giusto per un assaggio di esistenza bucolica. Con buona pace dell’unica famiglia che vive a Melina, una coppia con tre bimbi piccoli che proprio non digerisce lo spettacolo delle donne seminude girovaganti sulla sua proprietà e che grida allo scandalo in direzione del Comune di Stregna, il quale ha concesso l’autorizzazione al meeting. È vero, la valanga di ospiti è assolutamente pacifica, ammettono Erian Heidi e suo marito Igor Bordon: «Ma è una questione di decenza – lamentano –. Abbiamo tre minori, in casa e ci troviamo di fronte a donne seminude o integralmente spogliate (gli uomini, invece, no) che vengono a lavarsi a pochi metri dalla nostra abitazione e gironzolano sul nostro terreno, dove per inciso sono parcheggiati tanti dei loro mezzi. Abbiamo chiamato più volte i carabinieri, che però ci hanno detto di non poter fare nulla: l’autorizzazione all’accampamento c'è. Siamo indignati con il Comune, con l’amministrazione: noi, che risiediamo a Melina, a quanto pare abbiamo ben meno diritti degli hippie!». C’è da dire, peraltro, che lo show – chiamiamolo così – cattura, nella sua bizzarria. Davanti agli occhi si srotola un autentico modello esistenziale: i simil-camper sono un poema (difficile, a volte, identificare e dare un senso agli strani oggetti a bordo, magari sul tetto), le auto idem, il punto d’accoglienza un “manifesto”. Sotto un tendone fissato alla meglio, e sotto un acquazzone, c'è chi suona la chitarra, chi chiacchiera, chi prepara da mangiare. Ci sono le braci, pronte per una griglia, cassette di legno con le vettovaglie. C’è perfino chi chiede passaggi in auto, verso la “civiltà”, per grossi sacchi d'immondizia che in loco, disturbano con i loro ingombri. Un mondo plurilingue e iperdemocratico. «Non abbiamo un leader», racconta una donna inglese, precisando che «il regolamento non permette a esterni di scattare foto». L’accoglienza agli intrusi è comunque “sorridente”.
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