Nullatenenti di lusso, case e auto confiscate

La decisione della Corte d’appello colpisce la famiglia Braidic. Presentato ricorso

Di professione fanno i truffatori. Lo dicono i casellari giudiziali e una condotta che, a giudicare dal numero di denunce collezionate, continua a non essere proprio specchiata. Ecco perché vederli girare su auto di lusso e abitare in case di proprietà ha sempre destato non poche perplessità a chi, conoscendone la fama, li immagina piuttosto ospiti di qualche carcere. Ora, però, anche per la famiglia Braidic la musica è cambiata. Riconosciuta la «pericolosità sociale» di alcuni dei suoi componenti e accertata la «sproporzione» tra un tenore di vita «elevato» e lo status di «nullafacenti», la Corte d’appello di Trieste ha disposto la confisca di due delle loro tre abitazioni e confermato quella precedentemente decisa dal tribunale di Udine per due Mercedes e altrettanti camper. Un colpo di grazia decisivo al patrimonio mobiliare e immobiliare di uno dei gruppi nomadi più noti alle cronache (e alle aule di giustizia) della provincia e, nondimeno, un significativo passo in avanti nel contrasto alla criminalità attraverso l’aggressione di beni di presunta provenienza illecita. Merito del decreto legislativo 159 del 2011, e cioè del cosiddetto “Codice antimafia”, che ha reso percorribile la strada delle misure di prevenzione patrimoniale anche nei confronti di una pletora di personaggi non mafiosi, ma pur sempre ritenuti tutt’altro che raccomandabili.

Il provvedimento, prontamente impugnato dalle difese – gli avvocati Emilio Chiodi (di Brescia) e Massimiliano Aita, che hanno già presentato ricorso per Cassazione e ai quali si è affiancato, in secondo grado, il collega Piergiorgio Bertoli –, colpisce quattro Braidic: Gianni, 45 anni, Demis, 42, Mario, 56, e Paolo, 58. Tutti con precedenti che vanno dalla truffa al furto e dalla tentata rapina all’insolvenza fraudolenta. «Casi modesti», tiene a precisare la difesa, che davanti alla Suprema Corte tornerà a contestare sia la «pericolosità sociale» dei rispettivi assistiti al momento dell’acquisto dei beni confiscati, sostenuta invece dalla Procura anche in sede d’appello – in aula, il sostituto pg Carlo Sciavicco –, sia la «riconducibilità» a loro degli immobili, che sulla carta risultano intestati a parenti.

Erano stati i sospetti maturati dalla Procura di fronte allo sfarzo degli arredi trovati all’interno di una delle ville di proprietà di un rom, indagato nell’ambito di un’ipotesi di truffa, a convincere i pm Elisa Calligaris e Andrea Gondolo della necessità di delegare ai carabinieri del Nucleo investigativo di Udine indagini patrimoniali, bancarie e finanziarie sull’intera famiglia. Il 19 luglio 2017 si era arrivati così al provvedimento di confisca disposto dal tribunale del capoluogo friulano su una parte dei beni indicati (e posti sotto sequestro il precedente 22 febbraio), e cioè due Mercedes (una C 220 e un Suv 350) e due camper Fiat, per un valore complessivo di circa 300 mila euro, ma non anche sulla villa e i due appartamenti, a loro volta presenti nell’annotazione degli inquirenti. Con la sentenza della seconda sezione penale della Corte d’appello, presieduta da Mimma Grisafi, che ha valorizzato gli elementi emersi dagli accertamenti dei carabinieri anche per la parte immobiliare, la confisca è stata estesa adesso all’appartamento che Demis Braidic aveva – in tesi accusatoria «fittiziamente» – intestato al nipote Kevin Hudorovich, a Tricesimo, nel condominio Ginestre di via Aquileia 7/1 (pagato circa 60 mila euro), e all’abitazione che Mario Braidic aveva – pure «fittiziamente» – intestato alla figlia Ilenia Braidic, a Treppo Grande, in via dei Sindaci (pagato 75 mila euro). Salva la villa di Reana del Rojale, in via Galvani 14, da cui tutto era partito. A differenza dei colleghi udinesi, il collegio triestino ha ritenuto che le attività illecite di entrambi siano proseguite «senza soluzione di continuità» sino al 2016, rilevando anche come la «mancanza di una capacità reddittuale lecita» non potesse non riguardare anche le persone cui avevano intestato le case. Per diventare esecutiva, la decisione dovrà passare il vaglio della Cassazione. Nel frattempo potranno continuare a vivere lì.

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