Numeri e stanze dedicate: ecco come la Regione Fvg affronterà il coronavirus

Casi sospetti analizzati in due ore e tre posti letto riservati all’ospedale di Udine. Riccardi: «Non sottovalutiamo alcun rischio, ma la situazione è sotto controllo»

UDINE. In Friuli Venezia Giulia non è stato accertato, almeno fino a questo momento, nemmeno un caso di coronavirus – nonostante la dozzina di sospetti segnalati dallo scoppio dell’emergenza –, la situazione è ampiamente sotto controllo, ma la Regione (così come lo Stato) ha messo in campo ogni strumento a sua disposizione per evitare qualsiasi rischio per la collettività.

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In campo ci sono medicina e tecnologia – come ha spiegato il vicepresidente Riccardo Riccardi che, sabato 1 febbraio, ha visitato la clinica di malattie infettive dell’ospedale di Udine guidata da Carlo Tascini assieme ai vertici dell’assessorato a partire dalla direttrice centrale Gianna Zamaro – che lavorano all’unisono e di rimbalzo sull’asse Trieste-Roma.

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NUMERO DEDICATO

Il ministero della Salute, nei giorni scorsi, ha attivato il numero verde gratuito 1500, in funzione sulle 24 ore, per tutti coloro che necessitano di informazioni sul coronavirus. Nel territorio del Friuli Venezia Giulia, le telefonate vengono dirottate al numero unico dell’emergenza 112 che gira, in orario diurno, la chiamata all’infettivologo di turno a Udine, Pordenone e Trieste a seconda dell’area geografica di riferimento.

Vale la pena di ricordare come il virus, molto simile all’influenza, abbia un periodo di incubazione di 14 giorni, che scendono a 12 e mezzo nel 97% dei casi. Ed è questo criterio epidemiologico, cioè legato a un tempo massimo di due settimane dal rientro dalla Cina, che viene applicato per lo screening e le verifiche. Tutti i casi analizzati fino a questo momento hanno evidenziato diagnosi alternative al coronavirus.

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A Udine per tre pazienti ne è stata esclusa la presenza, per gli altri quattro si attendono invece i risultati sui campioni biologici inviati all’ospedale Spallanzani di Roma per averne la certezza microbiologica «anche se – rassicura Tascini – le co-infenzioni sono inferiori al 10%».

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ISOLAMENTO E TEST

Nella malaugurata ipotesi, inoltre, che in Friuli si registrino uno o più casi di positività, il Santa Maria della Misericordia è pronto a fare la sua parte. «Sono arrivato a Udine dall’ospedale Cotugno di Napoli – spiega Tascini – ritenuto il migliore d’Italia per le malattia infettive, ma qui la situazione è ancora migliore. Abbiamo a disposizione tre stanze di isolamento totale».

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Bumbaca Gorizia 17_06_2019 Ospedale di Gorizia convegno su eccellenze mediche con assessore Riccardi © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

E in più, aggiunge Zamaro, esiste sempre «l’isolamento domiciliare» in cui giocano un ruolo fondamentale anche i medici di base. Tenendo sempre in considerazione, inoltre, come la mortalità del virus si aggiri attorno al 2%, colpendo «con un dato inferiore alla semplice influenza» soprattutto le persone «immunodepresse», a Udine sono attrezzati anche per le analisi scientifiche.

«In due ore siamo in grado di effettuare i test molecolari – continua Tascini – per i casi sospetti». E se per le verifiche al 100% i campioni vengono comunque spediti a Roma, a partire dal 17 febbraio – parola di Zamaro – ci sarà a disposizione una serie di kit attraverso cui «effettuare le verifiche» in loco.

«Le strutture sanitarie regionali – chiosa Riccardi – sono adeguate ad affrontare l’emergenza da coronavirus che va monitorata, ma senza creare allarmismi. La validità dei percorsi in sicurezza e il personale preparato mostrano che la situazione è sotto controllo».

MASCHERINE E CONSIGLI

La corsa all’acquisto di mascherine, comunque, è fondamentalmente inutile. «Certo, dipende dalla tipologia scelta – spiegano Zamaro e Tascini –, ma normalmente servono a poco. Il possibile contagio è tanto più forte quanto è virulento il malato, ma in ogni caso questi virus entrano a contatto da un metro, un metro e mezzo di distanza. Per cui le mascherine da ospedale possono essere utili nei casi più gravi.

Quelli, cioè, in cui è il personale sanitario a entrare in contatto con malati in gravi condizioni che certamente non girano per strada nè si presentano negli aeroporti». Il consiglio migliore dunque, per l’infettivologo del nosocomio friulano, è sempre quello: lavarsi le mani.

«Questi virus respiratori – conclude Tascini – si diffondono nell’ambiente attorno al paziente e poi, spesso, le persone, utilizzando le mani, portano i batteri alla bocca e al naso. Per questo il lavaggio delle mani è sempre fondamentale». —


 

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