Nuovi ticket legati al reddito, ecco chi ci rimette

UDINE. La rimodulazione del superticket, i 10 euro a ricetta che paghiamo quando ci vengono prescritti esami di laboratorio o visite specialistiche, rischia di provocare un nuovo braccio di ferro tra il Governo e il Friuli Venezia Giulia dove i residenti con un reddito Isee fino a 15 mila euro sono già stati esentati.
Il rischio è reale soprattutto se scatterà l’obbligo dell’applicazione della nuova norma anche per le regioni a statuto speciale fuori dal Sistema sanitario nazionale. Il concetto del «chi guadagna meno paga meno e chi guadagna di più paga di più» piace a tutti, anche all’assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi, che però, nell’attesa di analizzare i dettagli della manovra, avverte: «Attenzione perché con l’applicazione di un’aliquota Irpef progressiva si rischia di allargare la forbice e di colpire il ceto medio».
La manovra
Finora il ministro della Salute, Roberto Speranza, si è limitato ad annunciare la riduzione e la rimodulazione della spesa sanitaria eliminando il superticket, i 10 euro a ricetta, e graduando la partecipazione sanitaria in relazione al reddito prodotto dal nucleo familiare. L’obiettivo del Governo Conte è eliminare quelle disparità che vedono un quarantenne con un reddito annuo pari a 20 mila euro pagare quanto il suo coetaneo che dichiara 200 mila euro l’anno.
In Regione
Nella nostra regione, grazie all’autonomia derivante dallo statuto speciale e dall’uscita dal Fondo sanitario nazionale, il superticket è già modulato in base al reddito tant’è che per chi ha un reddito Isee fino a 15 mila euro è già prevista l’esenzione.
«Peccato – fa notare Nazario Mazzotti della Cgil pensionati – che, forse per scarsa informazioni, chi ha diritto all’esenzione non sempre la chiede. Molti fanno confusione con il reddito Irpef richiesto per il ticket nazionale». Allo stesso modo, Mazzotti ricorda che l’attuale sistema regionale risulta poco equo per i disoccupati che, nel momento in cui si trovano senza occupazione, sono obbligati a pagare il ticket sanitario perché viene preso a riferimento il reddito dell’anno precedente prodotto quando lavoravano.
Dettagli a parte, il ticket, nelle casse regionali, vale circa 46 milioni di euro l’anno. Proprio perché si tratta di una cifra importante è indispensabile capire quanto e in che modo inciderà la riforma Speranza.
L’assessore
La cautela è d’obbligo per l’assessore che, a caldo, si lascia andare a una considerazione di buon senso in attesa di analizzare eventuali simulazioni, riservandosi di leggere il disegno di legge. Ritiene, infatti, che quando si rimodula il sistema, il problema è capire se si traduce in un aumento di entrate. «Il concetto del chi guadagna meno paga meno mi va bene – spiega Riccardi –, ma con un sistema di aliquote Irpef progressivo si rischia di allargare la forbice e di penalizzare il cento medio». Su questo concetto l’assessore invita a riflettere.
A Riccardi piacerebbe sapere se è stata fatta una simulazione sugli effetti che provocherà l’annunciata riforma dei ticket. «Rispetto a oggi, la rimodulazione del ticket avrà un effetto neutrale oppure provocherà un aumento del Fondo sanitario nazionale?».
La domanda di Riccardi è tutt’altro che banale perché «se il fondo aumenterà noi chiederemo di rinegoziare le quote. Se ci obbligheranno ad applicare le nuove misure dovranno darci maggiori quote di partecipazione». L’obbligatorietà della norma dipenderà dalla tipologia del provvedimento: se a Roma scriveranno una misura puntuale la Regione potrà impugnarla.
«Lo faremo – assicura l’assessore – se saremo obbligati ad applicare una misura che provocherà un aumento del Fondo sanitario nazionale. C’è un’aliquota negoziata che tiene conto di come si compone il bilancio, se le nuove misure non garantiranno la neutralità, le quote andranno rinegoziate».
La riforma sanitaria se da un lato è condivisibile nei termini, dall’altro rischia, insomma, di provocare l’ennesimo polverone in Friuli Venezia Giulia, una delle poche regioni che, in passato, ha deciso di uscire dal Sistema sanitario nazionale. Lo temono anche le rappresentanze sindacali visto che i tempi della trattativa sui due binari si sono sempre rivelati più lunghi rispetto all’applicazione delle nuove norme nelle regioni a statuto ordinario.
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