«Obi aperta, un insulto ai lavoratori»

Protesta di Cgil, Cisl e Uil davanti alla sede di Tavagnacco dell’azienda di bricolage al centro di una vertenza
YAVAGNACCO 25 Aprile 2013 OBI Copyright Petrussi Foto Press /turco
YAVAGNACCO 25 Aprile 2013 OBI Copyright Petrussi Foto Press /turco

UDINE. Tra sindacati e Obi è ormai guerra aperta. Ieri, insieme ai 22 lavoratori che rischiano il posto dopo la chiusura del negozio di Reana, Cigl, Cisl e Uil hanno manifestato davanti al nuovo negozio Obi di Tavagnacco, aperto anche il 25 aprile. Una prassi comune per la maggioranza delle grandi catene che sfruttano la liberalizzazione del commercio per tenere sempre aperto, di domenica e anche nei giorni di festa. È accaduto ieri, per la Liberazione e accadrà anche il Primo maggio, in quella che dovrebbe essere la festa del lavoro. Sicuri di aprire anche mercoledì ci sono per esempio il Palmanova Outlet village, il Bennet di Pradamano, il Carrefour di Tavagnacco e l’Iper del Città fiera. Anche il tabù del Primo maggio insomma è defintivamente caduto. Non a caso i sindacati, che come ogni anno festeggeranno la ricorrenza a Cervignano, sono pronti a organizzare altre iniziative di protesta.

«Ormai non ci sono più le feste - dicono in coro gli esponenti di Cgil, Cisl e Uil - la legge consente ai commercianti di stare sempre aperti, domeniche e festività comprese, senza nemmeno dover comunicare nulla. Spesso gli stessi dipendenti scoprono solo all’ultimo momento che dovranno lavorare. E far valere il diritto a trascorrere le feste in famiglia è sempre più difficile per commesse e commessi, che sono tutti sempre più precari e ricattabili». Ma la cosa più grave, sottolinea Paolo Duriavig della Fisascat «è che queste aperture non sono servite a nulla, hanno peggiorato la qualità della vita di migliaia di famiglie senza portare alcun beneficio ai bilanci delle aziende che infatti continuano a chiudere e a licenziare. Non a caso nel 2012 sono andati persi centinaia di posti di lavoro». I sindacati insomma non hanno dubbi: la liberalizzazione delle aperture non ha attenuato l’effetto della crisi.

Ma nel caso specifico dell’Obi la situazione, a detta dei sindacati, è ancora più grave. Alla vigilia dell’apertura dello store di Tavagnacco, distante pochi chilometri da quello di Reana, i sindacati avevano infatti chiesto e ottenuto dall’azienda rassicurazioni sul futuro dei 22 lavoratori che sarebbero dovuti rimanere a lavorare a Reana. «Ci era stato garantito che avrebbero conservato il posto», ricorda Buonopane. Poi, a distanza di pochi mesi dal “taglio del nastro”, il cambio di rotta e l’avvio di una procedura di mobilità per tutti i “vecchi” dipendenti vista la decisione di chiudere il negozio di via Nazionale. Una decisione inaccettabile per Stefano Athos della Cisl e Andrea Sappa della Uil. L’ultima “offerta” della catena di bricolage prevede di ricollocare solo 10 delle 22 persone nel nuovo punto vendita, offrendo agli altri la possibilità di trasferirsi a Roma, Prato e Civitanova Marche. I sindacati invece chiedono di gestire gli esuberi attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali, coinvolgendo anche il punto vendita di Tavagnacco. Cgil, Cisl e Uil fanno poi appello anche alla politica ricordando che «Obi ha anche ricevuto contributi alle assunzioni». Anche il candidato sindaco di Udine, Adriano Ioan, che ieri ha aderito alla protesta ha criticato il comportamento di Obi.

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