Obi, la rabbia dei lavoratori: «presi in giro dall’azienda»
REANA DEL ROJALE. C’è rabbia tra i lavoratori dello store Obi di Reana. Rabbia per la procedura di mobilità che la maxi catena di bricolage ha preso sulle loro teste, decidendo per la chiusura dello storico punto vendita su viale Tricesimo e il licenziamento dei suoi 22 addetti.
Nel corso dell’assemblea che si è celebrata nel primo pomeriggio di ieri, i lavoratori assieme al sindacato hanno proclamato lo stato di agitazione. Solo questo per ora, niente scioperi, né volantinaggi, per non incidere negativamente sugli spazi della trattativa. Sempre che ci siano. Le parti sociali lo scopriranno infatti il prossimo venerdì, giorno per il quale è stato fissato il primo incontro con l’azienda.
«Se in quella sede non ci concederanno qualche apertura allora metteremo in campo tutte le azioni di protesta più opportune», non hanno esitato a dichiarare ieri i segretari di Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e Filcams Cgil. La richiesta che verrà avanzata all’azienda sarà quella di un congelamento della procedura di mobilità aperta per i 22 dipendenti del negozio di Reana al fine spostare la discussione sui due punti vendita Obi della provincia.
Quello dei viale Tricesimo e quello, aperto “dietro l’angolo” appena 4 mesi fa, di Tavagnacco. Nel primo sono stati mantenuti in forze tutti i lavoratori con maggiore anzianità e dunque con contratti di lavoro a tempo indeterminato, nel secondo invece ci sono state assunzioni ex novo, a scadenza, e sono stati trasferiti, d’imperio, i dipendenti più giovani in forze a Reana. Il teorema che ha guidato le mosse dell’azienda pare, agli occhi di dipendenti e sindacalisti, lampante.
«È stata fatta una scelta mirata per eliminare i carichi», afferma Alessandra Tonutti, delegata di Uiltucs Uil. «Quando l’azienda ha individuato la ventina di persone da inviare a Tavagnacco ha optato per i giovani (meno onerosi contrattualmente), lasciando invece a Reana gli over 40, con bambini piccoli a carico».
Scelte sospette, compiute – fa sapere il sindacato – senza trattativa, a fronte delle quali erano state chieste rassicurazioni scritte per il futuro dei dipendenti di Reana che l’azienda si era limitata a fornire solo verbalmente. Ma più riprese, fino ad appena un mese addietro.
Poi il fulmine a ciel sereno: martedì, nelle mani dei due delegati Rsu è stata consegnata la lettera attestante l’apertura di una procedura di mobilità per i 22 dipendenti, contestuale alla decisione di chiudere il negozio. «Ci hanno tenuto allo scuro di tutto, pur avendoci garantito che Obi non avrebbe licenziato nessuno», afferma ancora la delegata Uiltucs che dice di sentirsi tradita. Lei, come il resto del personale.
«Lavoriamo quasi tutti qui dal 2000, ci abbiamo messo il cuore, pur potendo evitare la domenica siamo sempre venuti, d’estate siamo stati al lavoro anche con 40 gradi. E questo è il grazie. Licenziati. Tutti. Anche chi è a casa in malattia o in maternità».
La rabbia è tanta, ma si accompagna a una forte determinazione. Parola di Massimo Puddu, delegato di Fisascat Cisl: «Fino all’incontro del 29 abbiamo deciso di tenere il profilo basso per verificare la posizione dell’azienda, dopodiché, se non avremo risposte positive, prenderemo le nostre decisioni».
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