Obi, la vertenza si fa dura Proclamato lo sciopero - FOTO
REANA DEL ROJALE. Non si scoraggiano i 22 dipendenti dello store Obi di Reana e dinanzi alla chiusura dimostrata dall’azienda in sede di trattativa sindacale scelgono di rispondere con lo strumento più pesante a loro disposizione: lo sciopero.
L’hanno proclamato ieri mattina durante l’assemblea con i sindacalisti. Detto, fatto. Chiuso il negozio, alle 10 sono usciti sul parcheggio che hanno presidiato per ore spiegando le proprie ragioni ai molti clienti, diretti, come ogni sabato, al noto punto vendita di bricolage.
Trovandolo chiuso, molte persone si sono avvicinate ai lavoratori, li hanno ascoltati per poi andarsene, non prima d’aver dato loro la propria solidarietà. Arrivata anche dai sindaci della zona.
La protesta è figlia dell’infruttuoso incontro che si è consumato venerdì pomeriggio e che ha visto le parti arroccarsi su posizioni apparentemente inconciliabili. Obi vorrebbe ricollocare soltanto undici persone al nuovo store di Tavagnacco, dando alle restanti undici la possibilità di uno spostamento nei negozi di Roma, Civitanova Marche e Prato.
Proposta bocciata dal sindacato: «Non possiamo pensare di ricollocare in Friuli soltanto dieci lavoratori, che dovrebbero peraltro rinunciare a tutte le condizioni di miglior favore individuali, e trasferire i rimanenti in giro per l’Italia – ha ribadito Andrea Sappa di Uiltucs Uil –. Chiediamo invece all’azienda di portare a Tavagnacco tutti i dipendenti e affrontare qui gli esuberi con gli ammortizzatori sociali».
Dello stesso avviso sono Francesco Buonopane (Filcams Cgil) e Athos Di Stefano (Fisascat Cisl). «Speriamo che l’azienda accolga le nostre proposte. Per noi l’imperativo resta quello di tutelare tutti i posti di lavoro, sia quelli di Reana che quelli di Tavagnacco, sia quelli determinati (27) che quelli indeterminati (37)», ha detto ieri Di Stefano, mentre Buonopane ha dettato l’agenda dei prossimi giorni.
«Sciopereremo ancora – ha detto – il prossimo 25 aprile, poi il 30 incontreremo l’azienda a un nuovo tavolo, sollecitato da noi. Fosse stato per Obi, la trattativa si sarebbe infatti conclusa già venerdì con un mancato accordo, mentre per quanto ci riguarda intendiamo cercare un’intesa fino all’ultimo giorno utile».
Tra i lavoratori si respirava, ieri, un mix di preoccupazione e rabbia, raccontato sventolando le bandiere del sindacato. Molti di loro lavorano a Reana ormai da 13 anni, da quando cioè Obi ha aperto i battenti. Hanno figli a carico, mutui da pagare. C’è anche chi, in maternità, si chiede: «Cosa sarà di me?».
Dinanzi all’ipotesi di perdere il lavoro sono increduli. “L’azienda ci aveva garantito a più riprese che l’apertura a Tavagnacco non avrebbe comportato la perdita dei posti di Reana», rivendica sconsolato l’udinese Massimo. Promesse oggi vane. «Siamo semplicemente i più anziani e come tali i più costosi per l’azienda – aggiunge Claudia di Fagagna –. Questa è la ragione per cui ci vogliono mandare a casa. Ci sentiamo presi in giro. Anche perché gli incassi del negozio sono merito nostro, della nostra competenza, delle tante domeniche passate a lavorare».
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