Ogm, la Corte di giustizia Ue bacchetta l’Italia e dà ragione a Fidenato

BRUXELLES. Secondo il diritto Ue, qualora non sia accertato che un prodotto geneticamente modificato possa comportare un grave rischio per la salute umana, degli animali o per l'ambiente, né la Commissione né gli Stati membri hanno la facoltà di adottare misure di emergenza quali il divieto della coltivazione, come fatto dall'Italia nel 2013.
È quanto indicato dalla Corte di giustizia europea in una sentenza emessa oggi, mercoledì 13 settembre.
LE TAPPE DELLA VICENDA OGM IN FRIULI
La sentenza della Corte riguarda il caso di Giorgio Fidenato, l’agricoltore friulano penalmente perseguito nel nostro Paese perché nel 2014 piantò mais ogm autorizzato dall'Ue nonostante un decreto interministeriale del 2013 ne vietasse la coltivazione.
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Quel decreto, afferma in sostanza la Corte, non era legittimo perché il “principio di precauzione” deve basarsi sulla certezza dell'esistenza del rischio, altrimenti non permette di eludere o di modificare le disposizioni previste per gli alimenti geneticamente modificati, già oggetto di una valutazione scientifica completa prima di essere immessi in commercio.
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Con una direttiva approvata nel 2015, i Paesi membri possono vietare la semina di Ogm anche se autorizzati a livello Ue. L'Italia è tra i 17 Stati membri che hanno scelto questa possibilità.
Il caso nasce nel 1998, quando la Commissione ha autorizzato l'immissione in commercio di mais geneticamente modificato Mon 810, fondandosi sul parere del comitato scientifico, secondo cui non vi era motivo di ritenere che il prodotto avrebbe avuto effetti pregiudizievoli per la salute umana o per l'ambiente.
Nel 2013 il governo italiano ha chiesto alla Commissione di adottare misure di emergenza per vietare la coltivazione di mais Mon 810 alla luce di alcuni nuovi studi scientifici realizzati da due istituti di ricerca italiani.
Sulla base di un parere scientifico emesso dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), la Commissione ha concluso che non vi erano nuove prove scientifiche a supporto delle misure di emergenza richieste che fossero capaci di invalidare le proprie precedenti conclusioni sulla sicurezza del mais Mon 810.
Nonostante ciò, nel 2013 il governo italiano ha adottato un decreto che vietava la coltivazione del Mon 810 nel territorio italiano.
Nel 2014 alcuni coltivatori, che avevano coltivato mais Mon 810 violando il decreto del governo, sono stati perseguiti penalmente e fra questi lo stesso Fidenato.
È in questo ambito che il Tribunale di Udine ha chiesto alla Corte di giustizia se sia possibile adottare, in materia alimentare, misure di emergenza sul fondamento del principio di precauzione.
Secondo tale principio, gli Stati membri possono adottare misure di emergenza al fine di scongiurare rischi per la salute umana che non siano stati ancora pienamente identificati o compresi in ragione di una situazione di incertezza sul piano scientifico.
Oggi la Corte ricorda che, tanto la legislazione alimentare dell'Unione, quanto la legislazione dell'Unione concernente gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati, hanno l'obiettivo di assicurare un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori, garantendo nello stesso tempo l'efficace funzionamento del mercato interno, del quale la libera circolazione degli alimenti e dei mangimi sicuri e sani costituisce un aspetto essenziale.
In tale contesto, la Corte constata che, «qualora non sia accertato che un prodotto geneticamente modificato possa manifestamente comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente, nè la Commissione nè gli Stati membri hanno la facoltà di adottare misure di emergenza quali il divieto della coltivazione di mais Mon 810».
La Corte sottolinea che il principio di precauzione, che presuppone un'incertezza sul piano scientifico in merito all'esistenza di un certo rischio, «non è sufficiente per adottare tali misure».
Sebbene tale principio possa giustificare l'adozione di misure provvisorie di gestione del rischio nel settore degli alimenti in generale, esso «non permette di eludere o di modificare, in particolare rendendole meno stringenti, le disposizioni previste per gli alimenti geneticamente modificati, poichè essi sono già stati oggetto di una valutazione scientifica completa prima di essere immessi in commercio».
La Corte rileva che uno Stato membro, quando ha informato ufficialmente la Commissione sulla necessità di ricorrere a misure di emergenza e la Commissione non ha adottato nessuna misura, «può adottare tali misure a livello nazionale».
Esso può inoltre mantenere in vigore o rinnovare tali misure, finchè la Commissione non abbia adottato una decisione che ne imponga la proroga, la modificazione o l'abrogazione.
In tali circostanze, i giudici nazionali sono competenti a valutare la legittimità di quelle misure.
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