Ogni anno in Fvg sette parti vengono effettuati senza tagliare il cordone

Quello all’ospedale di San Daniele non è un caso isolato in regione. La mamma aveva presentato un documento con le istruzioni

UDINE. La vicenda di San Daniele ha destato particolare scalpore per l’intervento dirimente della magistratura, eppure i casi di Lotus Birth in Friuli Venezia Giulia non sono una novità.

Dal 2005 a oggi, vale a dire negli ultimi 12 anni, ce ne sono stati almeno 27 registrati nell’anagrafe dell’associazione che promuove il non distacco del cordone ombelicale dalla placenta fino a quando non cada autonomamente, ma secondo lo stesso sodalizio quelli complessivi sono circa 80.

Mette al mondo una creatura ma rifiuta il taglio del cordone: i medici si rivolgono alla Procura


Il sito e l’associazione vengono gestiti in maniera volontaria da Susanna Hinnawi. Oggi pensionata, un tempo imprenditrice, del Lotus birth si è innamorata quasi per caso, incrociandolo durante i suoi studi sul respiro consapevole. «Non sono un medico e nemmeno un’ostetrica – precisa -. Sono semplicemente innamorata di questo metodo», afferma senza velleitarismi. A Milano, il suo telefono suona a ripetizione. La gente la chiama in cerca di chiarimenti e consigli sul particolare tipo di accudimento post parto che è particolarmente gettonato nelle regioni del Nord.

Dal 2004, Hinnawi tiene traccia delle nascite in un apposito albo e fin qui ne ha segnate oltre 800: «Stimo però – aggiunge – che siano almeno tre volte tanto». Applicata la proporzione al Fvg significherebbe che ad essere nati in regione con il metodo Lotus Birth sarebbero circa 80 bambini o in ospedale oppure con parti eseguiti a casa.

Sul caso di San Daniele afferma che «è la prima volta che so di un intervento della magistratura». I medici, ricordiamolo, si sono rivolti alla magistratura dinanzi alla ferma opposizione della coppia di genitori al taglio del cordone, ritenuto invece fondamentale dai sanitari per tutelare la salute del bambino.

«Non mi voglio sbilanciare – afferma la signora Susanna -. Non conosco il caso a fondo e credo bisognerebbe sentire sia la versione dei medici che quella della famiglia. Sapere se era stato presentato un piano del parto e quali erano le condizioni del feto. In questi casi ci sono sempre due versioni e due visioni: quelle dei sanitari, con le loro ragioni, e quelle delle famiglie, che talvolta insistono troppo».

Stando a fonti vicine all’ospedale collinare, la coppia in questione il piano del parto l’aveva presentato. Anche poderoso: di ben 5 pagine per giustificare la scelta. Ma una cosa sono i desiderata, un’altra il dovere dei medici dinanzi alle necessità di salute del neonato.

«Ogni nascita rappresenta un’incognita – continua Hinnawi riconoscendo il campo minato in cui operano i medici -. Detto questo però non ci si può nascondere il fatto che l’accudimento Lotus birth sta disturbando parecchio. Si scontra con la visione della medicina attuale. Richiede l’uscita dai normali protocolli. Per questo, quando future coppie di genitori si rivolgono a me, consiglio loro di presentare un piano del parto, relativo a molti aspetti della nascita, da discutere con i sanitari che possono essere più o meno aperti».

Letteratura scientifica sul metodo non ce n’è. Nulla, salvo l’esperienza di qualche ospedale isolato e l’osservatorio di Lotus Birth Italia. «I casi che ho seguito non hanno mai evidenziato infezioni né complicazioni – rivendica Hinnawi -, solo vantaggi immunitari e caratteriali».

Non è d’altronde una convinzione di questi giorni che il taglio tardivo del cordone porti benefici. «Lo pensava già Aristotele nel 400 avanti Cristo sostenendo che bisogna tagliare la placenta il più tardi possibile per il bene del bambino – ricorda Hinnawi -. Eppure negli ospedali il cordone viene tagliato subito. Questione di secondi, al più di minuti. Quando il cordone non pulsa più si dice. Eppure so del caso di una coppia di medici che ha scelto di praticare la Lotus Birth e che, a distanza di tre giorni dalla nascita, ha sentito pulsare la placenta. Dove sta allora la verità?».

Al di là di ogni ragione fisiologica entra poi in campo la motivazione spirituale. L’idea che evitare al neonato il taglio del cordone gli garantisca una fase di transizione dolce.

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