«Ok alla misura, ma è insufficiente»

UDINE. “Piuttosto che niente, meglio piuttosto” recita un antico detto popolare. Ma da chi - come il mondo delle imprese - sollecita da tempo una riforma fiscale improntata su criteri di equità, che liberi risorse per i dipendenti ma che alleggerisca la zavorra sulle aziende, è intuibile che il provvedimento licenziato dal Governo è, quantomeno, insufficiente.
«Confindustria è stata la prima a chiedere una riduzione del costo del lavoro, ponendo la questione del cuneo fiscale nel “Patto per la fabbrica”, condiviso anche dai sindacati - è l’esordio di Anna Mareschi Danieli -. È il mondo del lavoro, dunque, che lo chiede coralmente.
La riduzione del cuneo fiscale avviata dal Governo va bene, pur sapendo che servirebbe un’azione di ben altra portata. La rigidità del bilancio dello Stato e una necessaria politica di contenimento del debito, al momento, non lo consentono. Anche perché molte risorse della manovra sono state destinate alla riproposizione di provvedimenti di stampo assistenzialistico e di dubbia efficacia».
«Sul tema fiscale bisognerà fare di più, perché quello affrontato sin qui è un aspetto necessario, ma non sufficiente di una riforma che deve essere più ampia e deve puntare alla riduzione complessiva del carico fiscale e al rilancio degli investimenti» indica l’obiettivo la leader di Confindustria Udine, che sollecita una politica industriale di medio-lungo termine» che oggi non c’è.
«La riduzione del cuneo fiscale direi che è importante perché dà maggiori possibilità ai lavoratori dipendenti di avere una busta paga un po’ più pesante e quindi di fare qualche piccolo consumo in più - rileva Giovanni Da Pozzo, presidente di Confcommercio Fvg -. In una fase economicamente complessa come quella attuale, non è sufficiente varare provvedimenti come questo, ma bisognerebbe affrontare in modo strutturale il problema della fiscalità che grava sulle imprese che, oggettivamente, non ce la fanno più.
Se non si comprende - rincara Da Pozzo - che benessere e lavoro lo generano le imprese che, quindi, andrebbero agevolate e sostenute, sarà sempre più difficile pensare di riprendere la via della crescita su livelli in linea con la media europea». E quella del Fisco è una riforma che dovrebbe fare il paio con quella sulla burocrazia, «altra questione citata da tutti i Governi ma che nessuno ha mai davvero voluto affrontare» ricorda Da Pozzo, ma che sta uccidendo tante piccole realtà.
«Intanto chiariamo: dire che a tutti vanno 100 euro in più al mese, non è proprio corretto. In realtà - fa i conti il presidente di Unindustria Pordenone, Michelangelo Agrusti - la cifra si ridimensiona a 20 euro, aggiuntivi rispetto agli 80 del bonus Renzi; cifra che si alza per coloro che percepiranno ora il bonus ma non beneficiavano degli 80 euro. Detto questo, è certamente qualcosa per buste paga che sono normalmente “magre”, ma non è certamente la rivoluzione fiscale che sarebbe necessaria. La cosa grave - conclude Agrusti - è che non si è agito sul cuneo fiscale delle imprese, ed è li che invece bisognerebbe intervenire per incidere sulla competitività. Se le imprese muoiono non ci saranno né 10 né 200 euro: non ci sarà nulla. Ma sappiamo che le imprese non votano...».
«Dare qualcosa ai lavoratori va bene, ma ci auguriamo che questo sia il segnale di inizio di un percorso di riforma. Se così è va bene, anche se non è sufficiente - è il commento di Graziano Tilatti, presidente regionale di Confartigianato -. Il potere d’acquisto dei lavoratori è andato diminuendo progressivamente, quindi recuperare in parte è positivo.
Ma questo non esime dall’urgenza di affrontare in modo strutturato il tema del costo del lavoro. Sarebbe ora di finirla di raccontare storie e di iniziare a valutare il ruolo delle imprese come creatrici di ricchezza, posti di lavoro, benessere. In caso contrario ci ritroveremo senza aziende, e quindi senza lavoro e anche senza tasse. E il tempo per prendere una decisione ormai non è più molto».—
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