Omeopatia, in Friuli la praticano 77 medici a quasi il 22% dei pazienti

UDINE. Settantasette medici della provincia di Udine praticano le medicine alternative, mentre la percentuale dei pazienti che ricorre all’omeopatia non va oltre il 22 per cento.
Il dato finisce sotto i riflettori dopo la morte per un’otite curata con farmaci omeopatici anziché con l’antibiotico, del bambino di 7 anni a Cagli (Pesaro Urbino).
Un caso straziante che gli Ordini dei medici del Friuli Venezia Giulia hanno voluto evitare istituendo i registri dei camici bianchi che praticano le cure non convenzionali.
L’obiettivo è monitorare la situazione e, soprattutto, contrastare l’abuso della professione. Ecco perché i medici friulani sollecitano l’istituzione della scuola di formazione per i professionisti che vogliono specializzarsi in cure non convenzionali.
La Regione è in ritardo, non ha ancora recepito la legge nazionale che permette all’Ordine o ad altre strutture private di creare la scuola quadriennale in Medicina non convenzionale.
Il mondo dell’omeopatia è stato analizzato da Omeoimprese commissionando l’indagine nel Nord-Est. Quell’indagine rivela che nella stragrande maggioranza dei casi (63,6 per cento) i pazienti ricorrono alle medicine alternative per curare i sintomi del raffreddore non certo quelli di malattie più serie.
Questa è la linea seguita dai medici friulani che qualche anno fa hanno provato a contarsi. «Attraverso il gruppo di lavoro di medicina non convenzionale del Centro di formazione regionale dei medici di medicina generale e l’Istat regionale – spiega Paolo Baron, uno dei decani dell’omeopatia in Friuli – somministrammo i questionari a 700 medici di famiglia.
Quell’indagine rivelò che nella Bassa Friulana un medico ogni cinque era in grado di praticare le medicine alternative contro uno ogni 10 nell’alta Carnia e nella provincia di Trieste».
Le diverse indagini rivelano che chi segue queste pratiche lo fa perché non trova risposte adeguate nella medicina convenzionale. I casi più frequenti riguardano i pazienti affetti da dolori cronici, da coliti più o meno acute e da problemi gastrointestinali.
Di fronte a un fenomeno che andava rafforzandosi nel tempo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici, quattro anni fa, decise di istituire i registri provinciali e una commissione dedicata alle “medicine non convenzionali” formata da esperti nelle discipline ammesse, ovvero: omeopatia, fitoterapia, agopuntura e medicina cinese.
Va subito detto perciò che il medico non iscritto nel registro può comunque praticare l’omeopatia, la fitoterapia e l’agopuntura classificate da sempre come atti medici.
Detto tutto ciò, nel registro possono iscriversi i medici che hanno seguito un percorso formativo riconosciuto e accreditato, caratterizzato da lezioni pratiche e teoriche.
All’appello, a farlo notare è l’Ordine dei medici, manca però il riconoscimento degli enti accreditati, quelle strutture che dovrebbero vigilare sulla formazione degli omeopati e degli altri specialisti delle medicine non convenzionali. Sono previsti dall’Accordo Stato-Regioni siglato nel 2013, lo stesso che riconduce le medicine alternative nell’atto sanitario.
L’accordo chiarisce anche che «le medicine alternative sono oggetto di attività riservata perché di esclusiva competenza e responsabilità professionale del medico chirurgo, dell’odontoiatra, del veterinario e del farmacista, ciascuno per le proprie competenze».
A questo punto il riconoscimento degli enti accreditati alla formazione diventa basilare per chiudere il cerchio e tranquillizzare tutti coloro che ricorrono all’omeopatia che se praticata a piccole dosi non va demonizzata.
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