«Ora una grande festa per Leo. Il ritorno sul Laila Peak? Chissà»

Sono rientrati i componenti della spedizione friul-veneto-giuliana e parlano dell'alpinista morto

TRIESTE. Sono rientrati ieri mattina alle sei in Italia, con un aereo atterrato a Venezia, i componenti della spedizione friul-veneto-giuliana al Laila Peak.

Il tarvisiano Zeno Cecon, il padovano Carlo Cosi e il goriziano Enrico Mosetti hanno potuto riabbracciare i propri cari e i genitori di Leonardo Comelli, il compagno e fotografo di spedizione di Muggia perito tragicamente giovedì scorso durante la discesa con gli sci dalla montagna pakistana.

Il corpo di Leonardo, che si era previsto di recuperare dal punto in cui i compagni lo avevano ricoverato dopo la caduta, è rimasto sepolto dal crollo di una valanga di ghiaccio e neve, provocata dal collasso di un seracco.

«Noi genitori ci teniamo molto - dice Graziella Pozzati, madre di Mosetti - a ringraziare l’ambasciatore italiano in Pakistan, Stefano Pontecorvo per l’assistenza e l’efficienza con cui ha tenuto i rapporti con noi e con i ragazzi. E anche il generale pakistano e i portatori Baltì che hanno organizzato le operazioni di recupero al Campo Base: straordinari».

Per i ragazzi «la spedizione fino all’incidente è stata eccezionale sotto ogni punto di vista». Una tragedia che porrà fine all’attività in montagna? «Assolutamente no», rispondono».

Molti i messaggi di solidarietà inviati su Facebook per Leonardo. «Vista la persona che era Leo, ce lo si poteva aspettare. Certo ne sono arrivati da tutte le Alpi e anche da fuori. Comunque il 90 per cento dei messaggi, arrivati anche sui nostri cellulari, proviene da gente che ama la montagna e in montagna ci va più che può».

Se Cecon ha provato un sentimento di tristezza e rassegnazione alla vista della grande valanga che impedisce il recupero del corpo di Comelli, Mosetti esprime «quasi una sensazione di sollievo. Se capitasse a me non vorrei mai e poi mai essere riportato in Italia. Preferirei rimanere lì dove sono finito e magari saltare fuori tra 100 anni. Essendo tra i tre quello che conosceva meglio Leo, anche se non lo aveva mai apertamente detto, credo che la pensasse allo stesso modo».

Tra i prossimi obiettivi «organizzare la grande festa che Leo avrebbe voluto. Lui diceva che se avesse dovuto morire in montagna non ci avrebbe voluti tristi nel ricordarlo, ma tutti insieme in una grande festa». Un evento che non segna il divorzio dal Laila Peak.

«Rimane pur sempre una montagna bellissima e complicata. Adesso c’è una ragione in più per tornarci. Chissà».

Argomenti:alpinismo

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