Orafo di Capriva, nuovi guai Gioielli puliti e non restituiti

Accusato per la seconda volta di appropriazione indebita da un’altra cliente per alcuni monili d’oro. Nel primo caso sparito un bracciale con delle Sterline



Nuovo processo nei confronti dell’orafo di Capriva, Alen Marini, 47 anni, per appropriazione indebita. In questo caso, sarebbe stata una triestina a “veder svanire” i propri gioielli. La donna li aveva consegnati all’orafo per farli riparare e ripulire. Un valore di qualche migliaio di euro.

In sostanza, si sarebbe ripetuta la stessa dinamica messa in atto dal quarantasettenne nella precedente situazione quanto alla condotta contestata, quella relativa all’ex articolo 646 del Codice penale, e che con l’intervenuta modifica introdotta dalla legge anticorruzione, eleva la pena da 4 a 5 anni. A rappresentare la parte offesa è l’avvocato Alberto Tofful.

Due procedimenti distinti e paralleli, dunque, a carico dell’artigiano, per i quali, ma sarebbe appannaggio del difensore, potrebbe intervenire un’istanza di riunificazione. Per questo nuovo procedimento è stata rinnovata la notifica di citazione a giudizio dell’uomo, con il rinvio dell’udienza di avvio del processo.

Il caso precedente era relativo al periodo tra maggio e agosto del 2017. Tutto era iniziato quando, era aprile 2017, una donna, la signora Ivana Laffranchini, residente a Moraro e moglie di un maresciallo dei carabinieri, si era rivolta all’impresa artigianale Laboratorio orafo di Marini affinché venisse eseguita la valutazione di un bracciale in oro sul quale erano montate cinque Sterline inglesi. Qualora la stima del monile fosse stata ritenuta aderente alle aspettative della cliente, l’orafo avrebbe provveduto alla relativa vendita. A dare valore al bracciale erano peraltro proprio le cinque Sterline.

La valutazione era stata sull’ordine degli oltre 2 mila euro. Tuttavia, a distanza di oltre un mese, considerando che la vendita fosse andata in porto, erano invece insorti i problemi. La donna, non ricevendo comunicazioni circa lo sviluppo della situazione, s’era presentata al laboratorio con l’intenzione di chiedere conto della vendita del monile e poter ricevere il corrispettivo in denaro dovuto. L’orafo aveva assicurato che le avrebbe consegnato la somma, ma posticipandola a fine giugno. Ma ancora nessuna risposta.

S’erano susseguite telefonate e messaggi da parte della donna per concordare un appuntamento con l’uomo, che tardava a definirsi. Finché la cliente si era risolta a rivolgersi ai carabinieri. Era stato quindi tentato un intervento di mediazione al fine di evitare il ricorso alle vie legali, mediazione intrapresa da Febo Ulderico della Torre di Valsassina, all’epoca comandante della stazione dei carabinieri di Mariano.

L’orafo aveva sottoscritto un atto di impegno a consegnare il denaro in importi rateizzati. L’uomo aveva però versato solo un acconto di 700 euro. Da qui il processo.

La prima udienza, lo scorso gennaio, davanti al giudice monocratico Gianfranco Rozze, era stata rinviata in virtù della tipologia del reato contestato modificato con la legge anticorruzione, di competenza di un giudice togato. —



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