Padre e zio del benefattore tra i deportati di Marsure

La Fondazione Aurelio Lama, destinata a diventare punto di riferimento per la comunità avianese, comincia le proprie attività sin dal giorno successivo all’inaugurazione

AVIANO. La Fondazione Aurelio Lama, destinata a diventare punto di riferimento per la comunità avianese, comincia le proprie attività sin dal giorno successivo all’inaugurazione. Oggi, alle 17, nella sala polifunzionale, si svolgerà infatti una conferenza su una tragica pagina di storia vissuta dalla comunità marsurese durante la prima guerra mondiale, dopo la rotta di Caporetto, con la deportazione di 125 uomini, fra i 16 e i 50 anni, nel campo di concentramento austriaco di Katzenau, alla periferia di Linz.

Fra i deportati figurano Giacomo Lama, padre di Aurelio, e Giuseppe Lama, lo zio. Facendo scoprire questa pagina di storia locale, parte della tragedia della Grande guerra, di cui ricorre il centenario, Aurelio Lama ha inteso qualificare la Fondazione con un’attività di ricerca che vede protagonista la dottoressa Antonietta Colombatti dell’Archivio storico statale di Trieste.

La Colombatti ha scoperto e catalogato le schede dei prigionieri italiani di Katzenau, delle quali una sessantina appartengono ai deportati da Marsure.

Le schede dell’archivio di Trieste documentano, rendendola ancor più preziosa, la testimonianza di don Angelo Burigana, parroco di Marsure durante il primo conflitto mondiale, che, con il suo diario (archivio Italo Paties) “La parrocchia di Marsure/ in pace e in guerra/ nella invasione e nella vittoria/ 1904-1921”, ha lasciato una preziosa testimonianza sulla deportazione.

«A sera inoltrata del 24 marzo 1918 un sergente mutilato, un soldato prigioniero e altri giovani borghesi, tutti di Marsure, nella località Tamaroda, con le armi fecero – scrive don Burigana – rivolta contro una pattuglia degli arditi ungheresi. Alla cessazione del fuoco furono arrestati, ferito, Pietro De Luca di Sante e Mazzega Francesco. Il Tassan Gio Batta, sergente, aveva potuto fuggire, gettando il fucile in una pozza d’acqua».

Gli austro-ungarici procedevano a sistematiche requisizioni di animali da macellare e generi alimentari, mentre la popolazione era ridotta alla fame. Il parroco descrive il proprio arresto avvenuto «alle 22.30 della notte stessa» assieme ad Angelo Tassan che svolgeva le funzioni di sindaco della comunità.

«Alle 7 del giorno dopo – annota don Burigana – presso il Tribunale di guerra, nella frazione di Tezzat, si svolse il processo per fatta rivolta». La sentenza condanna alla deportazione 125 marsuresi e pretende il versamento di 10 mila corone, raccolte fra la popolazione.

Sempre nel suo diario il parroco dà notizia delle successive suppliche al comando austriaco di Pordenone per ottenere la liberazione dei deportati, dopo una raccolta di altre 15 mila corone, fra parrocchiani e maggiorenti, ulteriore riscatto versato agli austriaci per la liberazione dei deportati a Katzenau.

Soltanto nella seconda quindicina di agosto del 1918 faranno ritorno i primi prigionieri e in seguito via via gli altri. Alcuni, come Giuseppe Lama, zio di Aurelio, moriranno per le privazioni patite a Katzenau.

Spaventoso sarà il contributo di sangue pagato dalla comunità avianese alla guerra. Le lapidi, rimaste nell’atrio del municipio sino al terremoto del 6 maggio 1976 e poi collocate in cimitero, testimoniano la scomparsa di 272 avianesi su una popolazione di circa 12 mila abitanti.

Come se ciò non bastasse, appena terminato il conflitto mondiale, fra novembre 1918 e marzo 1919, anche su Aviano si abbatté l’epidemia di febbre spagnola che fece altre 150 vittime.

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