Palini & Bertoli chiude 6 mesi, 146 a casa
SAN GIORGIO DI NOGARO. É allarme sul futuro della Palini e Bertoli (Gruppo Evraz del magnate russo Roman Abramovich) di San Giorgio di Nogaro: l’azienda ha annunciato la chiusura per sei mesi a partire dal 19 agosto, dell’impianto di produzione di lamiere in acciaio, ma i sindacati temono che questo sia l'inizio di una possibile “abbandono” del sito friulano per trasferire la produzione nei Paesi dell'Est, magari nella Repubblica Ceca.
La Palini e Bertoli, fino allo scorso anno, era una delle più grandi realtà produttive del Centro-nord Italia con una capacità produttiva di 500.000 tonnellate l’anno, sviluppata su una ampia gamma qualitativa e dimensionale, che da lavoro a 146 dipendenti, e conta una presenza consolidata nel mercato europeo, nord-americano e nei paesi del bacino Mediterraneo.
Secondo quanto affermano i sindacalisti della Fim-Cisl, Francesco Barbaro, e della Fiom-Cgil, Maurizio Balzarini, la situazione sarebbe precipitata negli ultimi tempi, ovvero da quando il nuovo amministratore delegato, il ceco Dmitrij Scuka, ha chiesto al sindacato (motivandola con la crisi del mercato) la riduzione del 10% dello stipendio e l’eliminazione delle varie voci di integrazione salariale (come i premi di produzione).
A questa richiesta, il sindacato ha dato risposta negativa alla riduzione dello stipendio, accogliendo invece l’eliminazione delle integrazioni salariali. Ha proposto invece l’utilizzo degli ammortizzatori sociali a sostegno delle compensazioni al differenziale tra il costo delle bramme e la lavorazione («bramme che la Palini e Bertoli compra a un costo maggiore di quello del mercato - affermano Barbaro e Balzarini - in quanto le acquistano da un’azienda del Gruppo Evraz») qualora gli ordini fossero inferiori alle 20 tonnellate la settimana.
Ma i rappresentanti di Fim e Fiom hanno anche chiesto chiarimenti del piano degli investimenti (era stata ventilata larealizzazione di un forno di normalizzazione) che il precedente gruppo dirigenziale si era impegnato a fare nel 2013. Sorpresa: nessun investimento è previsto per lo stabilimento sangiorgino. «Questo - affermano i due sindacalisti - preoccupa molto».
Le parti si erano lasciate con l'intento di verificare le proposte: in una successiva videoconferenza di inizio luglio, l’ad Scuka non solo non ha accolto le proposte del sindacato, ma ha infomnato che il 19 agosto avrebbe chiuso per sei mesi lo stabilimento. Martedì prossimo nuovo incontro.
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