Paluzza celebra il tripudio olimpico di Manuela Di Centa: «Una festa della comunità»
In occasione del trentennale dalle cinque medaglie di Lillehammer 1994, la città donerà all’ex fondista un piatto in ceramica
L’abbraccio di un paese, del Friuli intero: il grazie ripetuto una, due volte. Anzi, cinque, come le medaglie vinte da Manuela Di Centa a Lillehammer 1994. O perché no, trenta: tanti gli anni che sono oramai trascorsi dalla memorabile – e plurima – impresa compiuta dall’ex fondista nel tempio dello sci nordico norvegese.
Grazie e ancora grazie, allora: a esprimere questo sentimento, sabato 21 dicembre, la comunità di Paluzza, nella persona del sindaco Luca Scrignaro. Nell’ultimo consiglio comunale la mozione, votata all’unanimità, la decisione di porgere all’illustre compaesana un riconoscimento a memoria dei successi che, nel febbraio del 1994, misero la Carnia tutta al centro della cronaca sportiva, italiana e non solo.
L’evento
«Abbiamo invitato Manuela a raggiungerci in consiglio, alle 11 – le parole del primo cittadino –: sarà un bel momento che ci consentirà di rendere omaggio a una grandissima atleta che è stata di ispirazione per tutti noi. Le Olimpiadi si svolsero nel febbraio del ’94: siamo al limite, ma era giusto procedere. Le consegneremo un piatto in ceramica. Ho già avuto modo di parlarne con Manuela e la sua reazione è stata positiva».
La soddisfazione
La conferma, quindi, arriva dalla diretta interessata: «Mi ha fatto molto piacere sapere di questa decisione, dopotutto si tratta di un riconoscimento che arriva dalla mia comunità, dal paese in cui vivo ancora oggi. È un bel segno, da condividere, un po’ come trent’anni fa abbiamo condiviso la gioia olimpica. Sono stati momenti meravigliosi, di grande condivisione, per l’appunto. Avevo vinto io, certo, ma in realtà aveva vinto un territorio intero, la sua gente. Le donne, in particolare. È stata una grande festa collettiva. Sarà bello ricordare quel periodo».
E quelle medaglie, che brillano e fanno parlare, gioire, ancor oggi: due ori fra 15 chilometri, tecnica libera, e 30 chilometri, tecnica classica; due argenti nella 5 chilometri a tecnica classica e 10 chilometri, tecnica libera a inseguimento; un bronzo nella staffetta. Robe da libri di storia. Da milioni di like ante litteram.
I pellegrinaggi
A Paluzza, tutto parla della famiglia Di Centa. Pure i cartelli: “Di Centa avenue”, leggiamo a un passo dalla casa di famiglia, l’omaggio (a lei e al fratello Giorgio, pure lui campione olimpico) portato in dono da alcuni carnici residenti in America. In molti, dopo il trionfo del ’94, ci han tenuto a visitare i luoghi dove tutto è iniziato.
Fra i declivi, un cartello, cinque cerchi, ben chiari: l’ingresso al b&b nella frazione di Rivo che oggi impegna il quotidiano dell’ex atleta. Intorno, gli spazi che, da Lillehammer, videro appassionati, addetti ai lavori e sportivi di ogni età avvicendarsi, quasi in pellegrinaggio: «All’epoca di quelle Olimpiadi avevo 8 anni – ricorda Scrignaro –, vivevo a distanza di duecento metri dai genitori di Manuela. Ricordo tutte le persone, i giornalisti che passavano per il paese e chiedevano informazioni a noi bambini su dove abitasse. È stato veramente qualcosa di eccezionale, perché si venne a creare un movimento e un’attenzione attorno al paese che fu davvero qualcosa di grosso».
Non solo: «Ci fu anche una ricaduta sociale – spiega il sindaco –, perché per noi bambini che sciavamo tutti nella Aldo Moro, quello rappresentò un grandissimo stimolo. A vincere le medaglie era stata una persona del nostro paese. Peraltro nel tempio di Lillehammer». A ricordare quel festosto via vai protrattosi nel tempo la stessa Di Centa: «Lo sport è qualcosa di contagioso, di emozionale. Negli anni sono passate per di qua molte persone, anche da lontano. Sono venute a vedere i miei luoghi, dove mi allenavo, per esempio. È una cosa che poi ti rimane dentro».
Oltre le medaglie
La vita sociale, politica, per la comunità e il Paese. Appesi gli sci al chiodo, Manuela Di Centa ha continuato la propria carriera gareggiando su nuove piste: «L’atteggiamento mentale è quello di sempre. Sono dell’idea che, quando una gara finisce, ne comincia subito un’altra. Nella convinzione del ruolo sociale e formativo dello sport».
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