Panariti: «Il Cie è come la psichiatria prima di Basaglia»
GRADISCA D’ISONZO. «Più di una analogia con gli ospedali psichiatrici pre Basaglia: gabbie in condizioni di assoluta precarietà igienica e sociale, con annessa abbondante somministrazione di psicofarmaci. Dove sta la necessità di tanta repressione e di tanto degrado?». È l'accusa formulata dall' assessore al Lavoro del Friuli Venezia Giulia Loredana Panariti nel corso di una relazione in Giunta sulla recente visita al Cie (Centro identificazione ed espulsione) di Gradisca d'Isonzo.
L'assessore ha parlato di una situazione di «caldo soffocante», «camerate/gabbie», «cibo di scarsissima qualità», condizioni di fatto di «prigionieri» dei cosiddetti «trattenuti», che sfociano in episodi frequenti di autolesionismo, sostenendo che l'Amministrazione regionale «deve intervenire con urgenza, verso il Prefetto e verso le autorità competenti affinché siano ripristinate le condizioni strutturali e igieniche che rispettino almeno i livelli minimi di dignità umana, attualmente gravemente violati. In seconda istanza, non si può non chiedere un intervento immediato del parlamento per chiudere i Cie».
L'assessore Panariti ha riferito che le «spiegazioni addotte dal responsabile della gestione» sono state «abbondantemente insufficienti, vanno da presunti problemi connessi alla ristrutturazione della sede a questioni di regolamento e di incolumità». L'assessore ha visitato la struttura nei giorni scorsi insieme con 4 consiglieri (Franco Codega, Silvana Cremaschi, Stefano Pustetto, Mauro Travanut), amministratori locali, esponenti politici e di associazioni.
L’esternazione dell’assesore regionale non ha mancato di produrre reazioni e commenti. «La Giunta regionale si occupi dei problemi della gente e non di andare a verificare se al Centro di identificazione ed espulsione fa caldo o meno». Lo afferma l'onorevole Massimiliano Fedriga (Lega), commentando le parole dell'assessore.
Per Fedriga, paragonare la struttura a un manicomio pre-Basaglia «è un accostamento indegno, che umilia l'operato delle forze dell'ordine e delle cooperative che quotidianamente si fanno in quattro per garantire la sicurezza del territorio e per assicurare al contempo un trattamento più che dignitoso agli ospiti del Centro. Personalmente ho visitato il Cie ben cinque volte e mai ho riscontrato le condizioni illustrate oggi da Panariti: le stanze sono notevolmente più ampie rispetto alle celle di una qualunque casa circondariale e le persone non vengono nemmeno confinate in esse ma possono invece muoversi liberamente all'interno di un'area ben più vasta. Gli episodi di autolesionismo hanno luogo, come mi è stato spiegato dallo stesso direttore, per favorire la traduzione dell'ospite coinvolto in una struttura sanitaria civile dalla quale gli risulta più facile tentare la fuga».
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