Parla il figlio di Umberto Tozzi: io in mezzo alle liti fra mamma e papà

La storia di Nicola, figlio di Umberto e di Serafina Scialò. «Da lui neppure una telefonata per le condoglianze»
Nicola Armando Tozzi e, a destra, il padre Umberto e la madre Serafina Scialò
Nicola Armando Tozzi e, a destra, il padre Umberto e la madre Serafina Scialò

UDINE. Delle interviste sui giornali avrebbe volentieri continuato a fare a meno. Ci era riuscito per 36 anni, scegliendo un profilo di vita e mediatico bassissimi, nonostante il peso del suo cognome. Del resto, era stato proprio quel cognome, inesorabile rimando anagrafico a una famiglia e, in particolare, a un padre eternamente assenti, che in questo modo aveva cercato di anestetizzare.

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Nella foto a sinistra Serafina Scialò con Umberto Tozzi ai tempi della loro storia e, sulla destra, un primo piano giovanile di lei nell’immagine profilo della sua pagina Facebook

Ma la morte di sua madre Serafina Scialò, trovata senza vita lo scorso 17 gennaio, nell’appartamento di via Percoto, a Udine, in cui abitava da sola, e le dichiarazioni alla stampa del popolare cantante Umberto Tozzi, suo padre appunto, che da Montecarlo, dove risiede, ha riservato all’ex compagna un ricordo tutt’altro che compassionevole, lo hanno spinto a infrangere per un momento il muro della riservatezza. Per amor di verità, spiega, pregando di chiamarlo Nicola Armando e basta.

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Nella foto a sinistra Serafina Scialò con Umberto Tozzi ai tempi della loro storia e, sulla destra, un primo piano giovanile di lei nell’immagine profilo della sua pagina Facebook


Bene, niente cognome. Ma ci spieghi cosa portò sua madre, dopo la fine della relazione, a scegliere di trasferirsi proprio a Udine.

«In realtà, si trattò di un ritorno. Mia nonna materna era originaria di Grado e qui viveva anche sua sorella, cioè mia zia».

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E così anche lei crebbe in Friuli. E ora lavora nel settore delle apparecchiature elettromedicali, giusto?

«Ecco, questo rientra nella mia sfera privata: quella che preferisco continuare a tenere per me. Chi mi conosce, sa che svolgo un lavoro umile e di fatica. Se evito di svelare il mio cognome è anche per evitare di avere addosso gli sguardi della gente e che si pensi che voglia trarne qualche beneficio».

Scusi l’intrusione, specie per il momento particolarmente triste. Ci spieghi lei, allora, cos’è che le preme comunicare attraverso quest’intervista.

«Avrei voluto continuare a vivere la mia semplice vita, un percorso segnato da sacrifici e scelte difficili. Ma qualcuno non ha avuto l’intelligenza di tacere e se n’è uscito anzi con dichiarazioni fuori luogo. Costringendomi a intervenire».

Quel qualcuno è suo padre che al “Corriere della Sera” ha detto di avere «perdonato» Serafina «per tutto il male» che ha fatto a voi due, accusandola anche di «essersi appropriata» di due assegni in bianco «per complessivi 450 milioni di lire destinati ai fornitori»?

«Esattamente. Premesso che un bel silenzio sarebbe stata la cosa migliore, la verità è che nelle separazioni le colpe sono quasi sempre metà dell’uno e metà dell’altra. Mio padre dice che la mamma gli impediva di incontrami? Una o due volte andò così, ma è capitato anche che io l’abbia aspettato invano. Accade in occasione della partita che la Nazionale Cantanti disputò a Udine: avevo sei o sette anni e a portarmici fu mia zia. Ma lui si negò».

Falsa anche la storia dei soldi?

«La mamma non riscosse mai nessuno dei due assegni. Per quel che so io, lui glieli lasciò per ogni evenienza, visto che viaggiava spesso e lei era incinta. Soltanto quando mia madre lo lasciò e lui sparì, non trovando una casa in affitto, si decise a portarne uno in banca. Ma poi non lo incassò».

I suoi si misero insieme nel 1979, lei nacque nel 1983 e la relazione si interruppe nel 1985. Cosa non funzionò tra di loro?

«Per quanto fossi piccolo, ricordo tutto molto bene, comprese le liti al telefono attraverso avvocati e parenti. Ma non intendo mancare di rispetto a nessuno dei due. Dico solo che non ebbero l’equilibrio e la maturità per focalizzarsi sul mio bene. Avrebbero dovuto fare entrambi un passo indietro, per tutelarmi. E invece, circondato da cose sbagliate, ho finito per crescere in fretta».

Nel 2011, durante il concerto di chiusura di “Friuli Doc”, dal palco Umberto Tozzi disse: «Qui a Udine c’è qualcuno che mi sta molto a cuore: vi presento mio figlio Nicola, che vive qui. Trattatemelo bene!». Se lo ricorda?

«Non so perché pronunciò quelle parole. So piuttosto che quel giorno non si rese disponibile. Ero andato da lui per discutere di certe cose che avevo letto. Mi aspettavo una reazione. E invece, purtroppo, non era solo e si parlò del nulla. Io mi comportai nell’unico modo in cui so fare: con garbo ed educazione. E così mi tenni tutto dentro».

Suo padre verrà al funerale di Serafina, “musa ispiratrice” di pezzi indimenticabili come “Donna amante mia” e “Ti amo”, mercoledì, al cimitero “San Vito” di Udine, alle 15.30?

«Io non l’ho sentito. Non ha chiamato nemmeno per le condoglianze». —


 

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