Parmegiani: così nacque l’arco famoso in tutta Italia

L’ingegnere ha firmato con l’architetto Giacomuzzi Moore il progetto. «Vincemmo un appalto-concorso del Comune, ma quella fu un’opera collettiva»
Udine 9 Maggio 2013 PARMEGGIANI Copyright Petrussi Foto Press/Turco
Udine 9 Maggio 2013 PARMEGGIANI Copyright Petrussi Foto Press/Turco

UDINE. Il suo posto in tribuna, sotto l’arco che lui ha progettato, lo ha sempre pagato di tasca propria. «Due abbonamenti all’anno - spiega l’ingegner Giuliano Parmegiani - uno per me, uno per il mio figlioccio, sempre gli stessi. Non ne faccio un vanto, dovrebbe essere la regola, anche se in Italia sappiamo che non è così». Lui, 86 anni, oggi padre nobile degli ingegneri friulani, è conosciuto in tutta Italia proprio per quell’arco che ogni volta le televisioni immortalano, con sullo sfondo il cielo del Friuli. E quell’opera resterà, così com’è, anche dopo l’importante restauro dell’impianto, che comincerà presto.

«Erano i primi anni Settanta - spiega - io e l’architetto Giacomuzzi Moore, con l’impresa Rizzani De Eccher, vincemmo un appalto-concorso del Comune. Fu un lavoro di gruppo, non la definirei un’opera personale, ci lavorammo in una ventina di persone, nel vecchio studio di via Rialto».

La curiosità si sofferma proprio sul perchè di quell’arco, così caratteristico e così inusuale per gli stadi italiani. «Volevamo dare un’impronta - racconta Parmegiani - diversa da quella consueta. Volevamo che tra terreno e copertura vi fosse un “unicum”, una continuità. Infatti l’arco si inserisce bene nel territorio circostante: è scatolare ed è percorribile all’interno.

Non vi furono particolari difficoltà nella realizzazione vera e propria. All’epoca ci fu feeling con l’amministrazione comunale, del resto il sindaco Angelo Candolini era un tifosissimo dell’Udinese e si spese molto per portare avanti il progetto fino alla conclusione. E poi eravamo molto amici con l’ingegner Crespi, della Rizzani, e con l’ingegner Zorzi: un affiatamento che portò al risultato. Lo stadio fu realizzato per lotti: la tribuna da 12 mila posti e le prime 15 file dei distinti, poi la curva nord, quindi la sud e infine vennero ampliati i distinti».

Lo studio Parmegiani è stato anche l’autore della ristrutturazione dello stadio, quella per i Mondiali del 1990 in Italia. «Udine è stata l’unica città - osserva il professionista - che restituì parte dei finanziamenti pubblici di Italia ’90. Facemmo i parcheggi, rivoluzionammo tutta la viabilità, sistemammo l’impianto per adeguarlo ai canoni di sicurezza dell’epoca.

Qualcuno ci imputò la mancata copertura di tutto lo stadio e per questo ci fu qualche frizione con patron Pozzo. Certo, adesso, con il senno di poi... Ma allora pensammo che comunque al coperto c’erano 12 mila poltroncine e che poi, in una stagione, i giorni di pioggia non erano così frequenti. Oggi i tempi sono cambiati, la gente vuole la comodità e così si andrà alla copertura completa. Ma ai tempi di Zico c’erano 45 mila posti, al termine della ristrutturazione ce ne saranno 25 mila. Il nuovo progetto? Non l’ho visto, quindi non mi esprimo. Mi auguro che l’insieme resti armonico e che non vengano demoliti i fari dell’illuminazione. Anche quelli sono un’opera d’arte».

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