Passa la linea del pressing friulano, le Regioni chiedono al Governo l’apertura dei negozi già da lunedì

UDINE. Alla fine passa la linea del Friuli Venezia Giulia e, di rimando, pure quella targata Veneto ed Emilia-Romagna. La Conferenza delle Regioni, infatti, ha prodotto, in mattinata, un documento comune che è stato presentato poi al ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia.
La linea del Governo è quella spiegata dallo stesso Boccia in questi giorni e cioè esaminare da lunedì 11 maggio i dati del monitoraggio del ministero della Salute sul contagio da coronavirus e, in base a quelli, dal 18 maggio autorizzare possibili differenziazioni regionali nelle riaperture, anche in base alle linee guida dell’Inail. Il Friuli Venezia Giulia e le altre Regioni, però, chiedono tempi ancora più veloci, con le linee guida per il commercio al dettaglio entro domenica, e il via libera ai negozi già da lunedì.
CORONAVIRUS, I DATI
La lettera dei governatori. Il contenuto della missiva è stato messo a punto in mattinata nel corso della riunione coordinata dal governatore emiliano Stefano Bonaccini che siede a capo della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. Nel testo ci sono una serie di considerazione come il fatto che «si sta assistendo positivamente in questi giorni alla ripresa graduale delle attività produttive» e che l’ultimo decreto di Giuseppe Conte «nonostante le prime indicazioni per la riapertura non ha previsto un cronoprogramma relativamente alle numerose attività ancora sospese o chiuse» così come il fatto che esista il forte rischio che «una sospensione prolungata di queste altre attività economiche non contemplate nel decreto metta fortemente a rischio la sopravvivenza di migliaia di attività economiche, determinanti per le diverse economie regionali e per la tenuta del tessuto sociale del Paese».
LA NUOVA ORDINANZA IN FVG
Rilevando poi il fatto che «i dati epidemiologici sono in costante diminuzione in tutto il territorio nazionale» oltre alla continua diminuzione del «livello di saturazione degli ospedali», i presidenti chiedono al Governo, all’unanimità, essenzialmente due passi in avanti: anticipare la riapertura dei settori produttivi oggi ancora sospesi – leggasi i negozi – da lunedì e «prevedere che, a partire dal prossimo 18 maggio, cioè la settimana successiva, le Regioni possano procedere, autonomamente sulla base delle valutazioni delle strutture tecniche e scientifiche dei rispettivi territori, a regolare le riaperture delle attività previa adozione da parte delle imprese di tutte le misure per la tutela dei lavoratori e il contenimento del contagio come definiti dai protocolli di sicurezza».
La posizione della Regione. Pollice alto, dunque, in questo schema per Fedriga che con lo Stato ha una doppia partita in piedi – quella delle riaperture oltre che la battaglia per bloccare il contributo al risanamento della finanza pubblica che per il 2020 vale 670 milioni di euro – e che però su negozi, bar e parrucchieri si muove all’unisono con gli altri colleghi. «Mercoledì – spiega Fedriga – ho ricevuto una delegazione di commercianti, liberi professionisti e rappresentanti degli esercenti che si occupano di servizi alla persona: mi hanno esposto le loro ragioni molto compostamente, ma ho colto un disagio montante che temo tra poco non sarà più gestibile.
Trovo personalmente molto difficile giustificare la scelta del Governo di permettere l’apertura ad aziende con 3 mila dipendenti e imporre la chiusura a un negozio di borsette. Così si va a infierire su categorie piccole e piccolissime che chiedono di aprire bottega per mantenere la famiglia». Oltre all’anticipo dell’apertura per il commercio al dettaglio e la possibilità, con proprie ordinanze, di disporre le ulteriori aperture da lunedì 18, Fedriga in sede di Conferenza delle Regioni ha ribadito che è necessario che dal Governo giunga una precisa e puntuale programmazione.
«Se è vero che il presidente del Consiglio ha fatto intendere una possibilità di apertura, questa – commenta il presidente – è stata ancora una volta confusa. Non abbiamo certezza sull’evoluzione di un possibile aumento dei contagi, ma questo non sarà certamente determinato dall’apertura del negozio di borsette: temo molto di più il possibile mancato rispetto delle regole di distanziamento, laddove ci sono migliaia di lavoratori gomito a gomito. Gli esercenti sono pronti, hanno già i protocolli di comportamento siglati dalle sigle di categoria e si sono attrezzati per garantire a dipendenti e clienti la massima sicurezza».
Un salasso milionario. Fedriga, a differenza dei colleghi delle ordinarie, ha anche un altro motivo per insistere sulla ripartenza e cioè il gettito fiscale che il Friuli Venezia Giulia perde, a titolo di compartecipazioni erariali, per ogni giorno di ulteriore serrata. «In caso di ritorno alla normalità fra giugno e luglio, si stima che l’emergenza coronavirus possa produrre una perdita di gettito per l’esercizio 2020 del Friuli Venezia Giulia di circa 700 milioni. Si tratta di un valore che però in questo momento non possiamo ancora definire in modo preciso per l’incertezza sui tempi e sui modi sia della ripartenza che delle fasi successive».
Parola, questa, dell’assessore alle Finanze Barbara Zilli in relazione allo stato dell’economia del Fvg. «Per contrastare gli effetti nefasti dell’epidemia e a fronte di un impressionante calo delle risorse, stiamo ugualmente affrontando ingenti spese – ha sottolineato Zilli – per interventi di carattere sanitario e per sostenere le famiglie e le imprese. L’obiettivo non è soltanto quello di continuare a preservare i servizi essenziali, ma anche di rilanciare l’economia regionale garantendo un adeguato supporto alle aziende nella delicata fase della ripartenza. Così, dopo un preliminare confronto con le altre Regioni Autonome, abbiamo iniziato a dialogare in modo costruttivo con il ministro Boccia, formulando precise richieste al Governo come l’annullamento del contributo al risanamento della finanza pubblica nazionale».
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