Passo di Monte Croce Carnico, proposta una variante sulla strada romana

Il progetto degli ingegneri Puntel e Alessandrini al centro di un convegno. Serviranno due o tre anni di lavoro e 65 milioni di euro di investimenti

Alessandro Cesare

PALUZZA. La fragilità della strada statale che conduce al passo di Monte Croce Carnico è emersa in tutta la sua evidenza nella notte tra l’1 e il 2 dicembre, quando un’imponente frana rocciosa ne ha compromesso la percorribilità.

Per una sua riapertura, l’Anas, ha ipotizzato oltre un anno di lavoro, tra disgaggi dei massi pericolanti, messa in sicurezza dei versanti e ripristino di carreggiata e gallerie.

Nel frattempo, il territorio deve capire quale soluzione adottare per rendere sicuro una volta per tutte il collegamento transfrontaliero con l’Austria.

Se le ipotesi di tunnel non scaldano i cuori dei carinziani, resta in ballo solo la variante immaginata nel 2020 dagli ingegneri Giovanni Puntel e Francesco Alessandrini.

Un tema che sarà al centro del convegno “Monte Croce Carnico, una strada difficile. Storia, geologia e nuovi progetti”, organizzato dall’Associazione degli ingegneri della provincia di Udine e dall’Università friulana per martedì 30 gennaio alle 16.30 al polo dei Rizzi di via delle Scienze 206 (aula C2).

A fare un quadro storico, geologico e strutturale della strada e della frana saranno il docente di Geologia applicata Paolo Paronuzzi, l’ingegnere Michela Diracca e il geologo Andrea Mocchiutti. Ci sarà anche Alessandrini, che avrà il compito di presentare l’ipotesi di variante: «Come già evidenziato da uno studio del 2019 – ricorda Alessandrini – gli austriaci intendono mantenere la loro strada così com’è, senza far ricorso a ipotesi di tunnel. Stando così le cose abbiamo immaginato un percorso alternativo staccandoci dalla strada attuale all’altezza del terzo tornante per risalire dal versante opposto».

Imboccando una via sterrata già esistente, la soluzione di Alessandrini e Puntel intende seguire la vecchia strada romana fino a quando le pendenze lo consentiranno, per poi realizzare tre nuovi tornanti e risalire oltrepassando il rio Monumentz. Ci sarà bisogno di qualche tratto di galleria e di due piccoli viadotti prima di sbucare sul piazzale del vecchio confine.

«Nel 2020 abbiamo ipotizzato un costo di 50 milioni di euro. Oggi saremo attorno ai 60-65 milioni – assicura Alessandrini –. Prima del terzo tornante serviranno altre opere di consolidamento per ulteriori 10 milioni».

Sulle tempistiche, l’ingegnere ha pochi dubbi sulla valenza del progetto: «Se per un tunnel transfrontaliero, dovendo mettere insieme le norme di due Paesi, ci vorrebbero almeno dieci anni, per la nostra variante non serviranno più di due o tre anni.

Ciò che spaventa non è tanto la costruzione del tracciato, quanto il rilascio delle autorizzazioni. Servirebbe un commissario e corsie privilegiate per i permessi, come accade durante le emergenze».

Alessandrini vede di buon occhio la scelta dell’Anas di riaprire la strada esistente, su cui però continuerà a pendere una vera e propria spada di Damocle: «Il livello di rischio resterà sempre molto alto, e quello che è capitato a inizio dicembre potrà risuccedere in ogni momento. La nostra variante, invece – ribadisce – si svilupperebbe su un versante meno esposto e quindi meno soggetto a crolli o frane».

Alessandrini dimostrerà la bontà del progetto redatto insieme al collega Puntel durante il convegno del 30 gennaio: «Siamo stati mossi da pura passione per il territorio: l’ipotesi progettuale è stata fatta in modo volontaristico, senza incarichi specifici».

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