Patto di stabilità il ministero apre la trattativa col Fvg

Il presidente Tondo da Grilli per un accordo. Via al confronto tra le ragionerie dello Stato e della Regione

UDINE. La prossima settimana le ragionerie dello Stato e della Regione Fvg apriranno un tavolo per cercare di allentare il Patto di stabilità. Ieri a Roma, il Presidente della Regione, Renzo Tondo, ha incontrato il ministro dell’Economia e delle Finanze, Vittorio Grilli, sollecitando personalmente quanto era già stato proposto in una lettera, il 26 febbraio, in merito ai vincoli stabiliti dal Patto di stabilità agli enti locali e quindi a vasti settori dell’economia regionale.

«Da parte del ministro – spiega il presidente – c’è stata ampia disponibilità a ricercare tutti gli ambiti di possibile flessibilità nell’applicazione delle norme che vadano in aiuto dell’economia e del tessuto produttivo locale. Il Governo – ha commentato Tondo – ha ritenuto di dare la massima attenzione a una Regione virtuosa nella spesa come la nostra, che può essere presa a esempio per tutto il Paese».

Un passo importante, ma non è dato sapere cosa intenda il ministro per “flessibilità nell’applicazione della norma”. È noto, invece, che o questa legge si cambia o centinaia di imprese chiudono. Un primo importante passo in avanti potrebbe essere la rivisitazione dei criteri nell’assegnazione dei fondi. Il Patto di stabilità considera “non virtuosi” i Comuni che hanno cantierizzato opere pubbliche e al contrario “premia” come virtuosi quelli che non le hanno fatte. In parole povere: l’ente pubblico che per esempio ha messo a norma le scuole non è un ente virtuoso perchè ha speso soldi pubblici.

È evidente che c’è qualcosa che non va. Ecco, dunque, che se la Regione riuscisse a trovare maggiore flessibilità in questo contorto principio garantirebbe un po’ più di ossigeno ai Comuni. C’è poi un’altra importante questione ed è quella legata ai pagamenti. Il Patto di stabilità congela i fondi degli enti impedendo di saldare i lavori finiti o gli stati di avanzamento. Anche in questo caso serve una diversa “flessibilità”.

Con il Patto di stabilità infatti, il Comune che aveva a bilancio i soldi per compiere determinate opere e che ha aggiudicato una qualsiasi gara d’appalto ora è nelle condizioni di non poter pagare gli stati di avanzamento anche se i fondi sono in portafoglio. In questo modo le aziende chiudono oppure pretendono giustamente di essere saldate. Pretese legittima che costringerà Comuni e Province a pagare anche gli interessi. Basta dare un’occhiata ai dati dell’Ance e leggere i dati sull’edilizia per comprendere quante imprese sono in difficoltà: il settore delle costruzioni, indotto escluso, conta oggi 11.300 addetti in regione, contro i 14.400 di fine 2008, con una perdita di 3.100 posti di lavoro e di 700 imprese. E sarà sempre peggio. Nelle Regioni a statuto ordinario - dove il Patto di stabilità si applica dal 1998 -, gli enti pubblici non appaltano più nulla. Non si fa più manutenzione. E i soldi in cassa ci sono.

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