Paura del Covid, c'è chi sceglie di curarsi da solo per non andare in ospedale. Il primario: salvato a fatica un bambino

«Quello che sappiamo è che troppi bambini arrivano tardi in ospedale. Questo non deve più succedere. La strada da percorrere è ancora molto lunga, ma le nostre armi pronte e determinate. Guidate dall’ottimismo che risiede nella scienza e nella ragione. La paura dell’ignoto ci metterà ancora a dura prova, ma non prevarrà. Nella speranza che la guerra si possa prevenire piuttosto che combattere».
Lo ha scritto il primario del reparto di pediatria dell’ospedale di Pordenone Roberto Dall’Amico mettendo in evidenza il risvolto dell’epidemia di Coronavirus, la paura dell’ospedale “costi quel che costi”.
CORONAVIRUS, I DATI
Una considerazione nata da una storia raccontata dal medico in un amaro post su Facebook: un bambino che ha cominciato perdere peso, bere tanto e a fare pipì di notte. «La mamma aveva capito che il suo bambino stava male. Basta digitare su Google “tanta sete e tanta pipì” – ha scritto il medico – e quello che esce è un pugno sullo stomaco. La diagnosi è semplice, ma la paura più forte. Di diabete, pensi, non si muore, ma di infezione da Covid 19 sì. Questo è quello che hai capito». Quando il bambino ha cominciato a tossire la mamma ha pensato al Coronavirus e lo ha portato al pronto soccorso. Tampone negativo per Sars Cov 2, ma positivo al diabete. Per i sanitari è stata una notte lunga e dura, ma la cura ha fatto subito effetto riportando i valori del piccolo nella norma.
La paura del Covid-19 ha frenato gli accessi anche al pronto soccorso pediatrico: «Non è una osservazione solo mia – ci ha risposto Dall’Amico –, ma anche di altri colleghi di realtà che hanno numeri di accessi al pronto soccorso superiori ai nostri. È un fenomeno generalizzato, dettato dalla paura di qualcosa che non conosci. Lo denunciano anche cardiologi o chirurghi che vedono pazienti arrivare tardi, è un campanello d’allarme».
A marzo 2019 al pronto soccorso pediatrico di Pordenone ci sono stati 1.800 accessi, a marzo di quest’anno 400: «Il primo pensiero – ha proseguito Dall’Amico – è che il pronto soccorso viene usato in maniera propria. Ma il rischio è che i bambini possano arrivarci quando è troppo tardi». A determinare il calo anche l’isolamento dei piccoli, con meno patologie traumatiche o infezioni da comunità.
Ad aprile gli accessi hanno cominciato ad aumentare. In provincia di Pordenone sono stati 150 i tamponi effettuati su bambini e ragazzi al di sotto dei 18 anni: 15 sono risultati positivi, ma non c’è stato alcun ricovero.
La preoccupazione dei pediatri non è per i mesi estivi, ma per l’autunno «quando avremo – ha concluso Dall’Amico – tanti bambini che arriveranno in pronto soccorso con patologie respiratorie. A quel punto sarà difficile distinguere influenza o Covid 19. Stiamo cercando di mettere a punto protocolli da adottare». A partire da tamponi a esito rapido, per decidere in fretta come procedere.
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