Pelizzo: si cerca di attentare alla specialità della Regione

Parla il presidente della Filologica, che si ricandida al vertice dell’istituzione «Caduto il Muro, la difesa delle lingue minoritarie è il caposaldo dello statuto»

UDINE. Il friulano non deve temere di misurarsi con i dialetti, anche se si tratta di contesti storici, socio-linguistici e identitari completamente diversi, né deve temere una revisione della legge 482 che tutela le minoranze linguistiche. Teme, piuttosto, il tentativo si smontare, un pezzo dopo l’altro, la specialità della nostra Regione, con il fine ultimo di una normalizzazione del Friuli Venezia Giulia, con ricadute non certo positive per il territorio.

È la convinzione di Lorenzo Pelizzo, presidente della Società Filologica friulana, che domenica si ricandiderà alla guida della prestigiosa istituzione culturale. Pelizzo commenta con serenità le dichiarazioni rese a Udine da Nicoletta Maraschio, presidente dell’Accademia della Crusca (uno dei gioielli della cultura italiana di sempre), secondo la quale sotto l’ombrello della 482 (i cui finanziamenti sono ormai ridotti al lumicino) vanno ricompresi, con pari dignità, anche i dialetti. : «Innanzitutto – precisa –, non si possono mettere sullo stesso piano lingue e dialetti.

Questa equiparazione è ricorrente e, secondo me, s’inquadra in un disegno più ampio, volto a eliminare la specialità della nostra Regione. La vicinanza alla cortina di ferro e le lingue minoritarie furono i caposaldi dell’ottenimento dello statuto speciale da parte della Regione. Venuto meno il primo, rimane solo la presenza delle lingue minoritarie sul territorio a supportare il mantenimento della speciale autonomia del Friuli Vg. Chi contrasta la tutela del friulano, dello sloveno e del tedesco e delle rispettive comunità che vivono in regione finisce per attaccare la nostra specialità, che ha rappresentato e rappresenta un fattore di sviluppo e, in buona misura, di autodeterminazione delle nostre popolazioni».

– Presidente, nella triste età dei tagli alla cultura, la vita è molto dura anche per la Filologica. Come vi siete adattati a questa drammatica svolta? Con l’assessore De Anna vi salutate ancora?

«Certo che saluto ancora l’assessore: il saluto non lo nego a nessuno. È comprensibile che in una situazione economica come l’attuale si riveda un po’ tutto, sia da parte delle pubbliche amministrazioni sia dei privati. Prefigurando uno scenario simile, la Filologica da tempo si è attrezzata: se anni or sono il suo bilancio dipendeva al 90% dai contributi regionali, oggi questi incidono solo per il 45% e il rimanente è frutto dell’attività tipica del sodalizio. Questa linea d’azione dovrà proseguire e sapremo fare di necessità virtù. Quello che ho sempre detto a ogni livello lo ribadisco anche qui: nel riparto delle risorse, per la cultura si deve sempre un occhio di riguardo, perché è il petrolio del nostro Paese, oltre a rappresentare il livello di civiltà di un popolo e di una nazione».

– Fra i candidati alla presidenza della Regione, Debora Serracchiani non ha speso molte parole per la marilenghe , mentre il Governatore uscente Renzo Tondo ha detto pubblicamente che del friulano non gli importa niente. Comunque vada il voto di aprile, non c’è da stare molto allegri sui futuri rapporti tra Sff e Regione...

«Ho avuto modo di parlare con l’onorevole Serracchiani su argomenti di carattere generale. Sul tema della cultura friulana ho tenuto a sottolineare che il friulano non va considerato come alternativo o competitivo rispetto allo studio dell’inglese. La marilenghe è appunto la lingua madre e integra la conoscenza di altre lingue. Occorre ormai superare il concetto di bilinguismo e puntare al plurilinguismo. Circa l’infelice battuta del presidente Tondo, voglio considerarla un’uscita goliardica, anche se debbo riconoscere che il governatore non si è mai speso troppo per il sostegno alla cultura friulana. Ho seri dubbi poi sul progetto di una macroregione del Nord che Tondo ha sottoscritto. Non vorrei che così il Friuli si riducesse ad una provincia lombardo-veneta».

– La Filologica domenica va al rinnovo. Lei, dunque, si ricandida?

«Dopo aver ricoperto per 15 anni la carica di tesoriere e per altri 10 quella di presidente, ritenevo che il mio apporto di impegno in seno alla Filologica si potesse considerare esaurito. Davanti, però, alle pressioni dei componenti l’ufficio di presidenza e del consiglio generale, che mi hanno chiesto di rimanere al mio posto, e anche in considerazione della difficile situazione generale che viviamo e dei seri problemi che dovremo affrontare, ho accettato di ricandidarmi. Saranno i soci a dire l’ultima parola».

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