Penne nere commosse dalle ferite del terremoto

INVIATO A L’AQUILA. Il 30 per cento circa è arrivato entro ieri mattina, ma le previsioni indicano che prima che la giornata si chiuda il capoluogo abruzzese e i dintorni (più questi a dir la verità) saranno raggiunti da almeno la metà, se non i due terzi dei quattromila alpini friulani che domenica parteciperanno alla sfilata: il momento clou di ogni adunata nazionale alpina che si rispetti e quindi di questa a L’Aquila che è la numero 88.
La prima in assoluto nella città che dà anche il nome a un battaglione inquadrato ora nel nono reggimento alpini.
Una città che mostra chiaramente il colpo subito il 6 aprile di sei anni fa, quando l’Orcolat, il terremoto, la colpì nel cuore della notte strappandole 300 suoi “figli”: nel centro storico si vedono impalcature e puntellamenti accanto a case squassate e devastate.
Una visione che più di ogni racconto dà il senso di quello che è successo, un senso che si legge sul volto delle penne nere che percorrono le stradine e guardano e bisbigliano, anche fotografano, quasi a voler avere poi la prova che quello che hanno visto è vero.
E gli alpini friulani, quelli che hanno passato il mezzo secolo di vita o ci sono quasi, mostrano ancor di più la tristezza e lo smarrimento nel vedere case che portano inequivocabilmente i segni di un sisma “mortale”.
Li palesano di più perché riportano alla memoria il loro/nostro Orcolàt: quello di 39 anni fa (per quello abbiamo tracciato quel discrimine anagrafico). E se proprio il terremoto è stata una delle ragioni che hanno portato l’Ana nazionale a scegliere L’Aquila come sede dell’adunata nazionale 2015 è anche il motivo per cui quattromila alpini si sono mossi e si muoveranno, con arrivo al massimo entro oggi, per partecipare dal Friuli.
Una partecipazione affatto agevole perché sono oltre 650 chilometri (partendo da Udine), ma anche perché la logistica non è proprio facile come confermano le località scelte come basi: per esempio il gruppo di Tarcento e quello di Adegliacco - Cavalicco alloggiano a Sulmona ovvero a oltre un’ora di distanza.
Una partecipazione però fortemente voluta e sentita, appunto per il cordone ombelicale (come spiegato anche nei precedenti articoli) creatosi con il sisma del 2009 tra gli alpini friulani che hanno operato come volontari e le comunità che hanno beneficiato della loro opera come conferma per esempio Sergio Panuello, segretario dell’Ana della sezione di Udine da San Demetrio Ne’ Vestini, comune a una ventina di chilometri dal cuore dell’adunata, dove è la base di almeno un mezzo migliaio di penne nere udinesi.
Ma non soltanto: aver provato e vissuto la stessa disgrazia affratella.
C’è da dire però che, se ci si ferma a parlare della situazione post-sisma de L’Aquila, qualche penna nera friulana che dimostra particolari conoscenze in materia edilizia nonché esperienza nella ricostruzione post - 6 maggio, questa non esita a criticare il metodo di intervento scelto per porre rimedio ai danni del sisma qui nel capoluogo abruzzese.
E se può sorgere il dubbio che sia solo una questione di orgoglio per la bocciatura del “metodo Zamberletti” risultato molto efficace in Friuli, questo è scacciato dalla puntuale elencazione di errori.
Del resto anche chiacchierando con gli aquilani le critiche in proposito non mancano. Ma forse è il caso di lasciar perdere, anche se il terremoto e tutto quello che ne è conseguito e ne consegue, è il convitato di pietra di questa tre giorni alpina.
Come scrive la stampa locale, gli alpini hanno già compiuto un miracolo: hanno riportato il sorriso, «quel sorriso che sembrava essersi spento per sempre sotto le macerie». E almeno fino a domenica sera manteniamolo questo sorriso.
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